I camerieri italiani sono destinati a essere sempre più vittime delle recenti norme post-Brexit che aumentano il salario minimo per un visto di lavoro qualificato. Trasferirsi a Londra è stata per decenni più che una semplice possibilità per tanti giovani in cerca di fortuna o anche solo di migliorare l’inglese ed essere più competitivi in patria.
Fare il cameriere in uno dei tantissimi ristoranti della Capitale inglese rappresentava il punto d’approdo privilegiato per decine di migliaia di Italiani, circa 500.000 quelli residenti a Londra secondo il Times, il che ne farebbe la settima città italiana per popolazione, più grande di Bologna.
Da quando è stato siglato il protocollo d’intesa per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, è però terminata la libera circolazione di merci e persone. Per tutti coloro che non sono in possesso di un passaporto britannico ciò comporta la necessità di ottenere un visto di lavoro per poter essere assunti.
Fino allo scorso 11 aprile era possibile richiedere un visto di lavoro come “lavoratore qualificato” in presenza di una serie di requisiti, quali il pagamento di cospicui costi amministrativi, la conoscenza dell’inglese a livello B2 e un’offerta di lavoro con un salario annuo minimo di £26.200.
In seguito alla pubblicazione dei dati sull’immigrazione in Regno Unito che hanno fatto segnare un record di 745.000 nuovi ingressi nel 2022, il Primo Ministro Sunak ha deciso di inasprire le norme, portando a £38.700 il salario minimo necessario. Una soglia che taglia fuori la maggior parte dei ruoli in hospitality, ma non solo.
La norma, che esclude settori ad altissima necessità di personale quali infermieristica ed assistenza gli anziani, non potrà che aggravare ulteriormente la carenza di lavoratori in ruoli a bassa specializzazione.
Contenuto editoriale a cura della The Italian Chamber of Commerce and Industry for the United Kingdom [1]
Collegamenti
[1] https://www.assocamerestero.it/ccie/the-italian-chamber-of-commerce-and-industry-for-the-united-kingdom