Venerdì 2 Maggio 2025
Vai al Contenuto Raggiungi il piè di pagina
Penalizzato da un contesto economico ancora marcato dall’inflazione, il consumo di abbigliamento tessile, in particolare di fascia media, dovrebbe nuovamente diminuire quest’anno, secondo il rapporto dell’Istituto francese della moda (IFM). Questo soprattutto a causa della crescente concorrenza che, specialmente nel fast fashion, è sempre più aggressiva. Ciononostante, alcune marche sembrano trarne vantaggio. Il 2023 è stato un anno cupo per il prêt-à-porter, molte aziende si sono trovate in seria difficoltà, come la francese Burton of London che è stata messa in liquidazione giudiziaria. Il 2024 non è di migliore auspicio e, secondo il bilancio annuale dell’IFM, il consumo di abbigliamento e tessili potrebbe diminuire dell’1%. Già l’anno scorso le vendite sono diminuite dell’1.3% in valore e del 4% in volume rispetto al 2022, 5.6% in meno rispetto al 2019. “In un contesto economico stagnante, il settore della moda non fa eccezione” afferma Gildas Minvielle, Direttore dell’Osservatorio economico dell’IFM. Anche se l’inflazione è rallentata dopo il picco del 2022 (5.9%) e dovrebbe ulteriormente scendere a 2.5% nel 2024, continua ad essere un problema. Analizzando le tendenze di acquisto, la moda è il primo settore in cui i consumatori (ben il 42%) cercano di risparmiare.
La concorrenza del fast-fashion
A causa dei prezzi bassi e del costante ricambio di collezioni, il fast-fashion grava specialmente sulla fascia media, che è diventata tre volte più cara (per esempio di Shein o Temu). Inoltre, il rapporto qualità-prezzo della fascia media ha perso attrattività davanti ai molteplici competitor.
La concorrenza della grande distribuzione e della seconda mano
Tra i 15 negozi più frequentati nel 2023 troviamo Leclerc, Carrefour e Lidl. In classifica ci sono anche brand premium come Lacoste e altri economici come Kiabi, ma non è presente la fascia media. Per quanto riguarda i siti web, Vinted è al secondo posto dopo Amazon, sorpassando anche Shein.
Apertura di troppi nuovi negozi
Nonostante le difficoltà incontrate nel 2007/2008, e con l’avvenire della vendita online nel 2013, i marchi di fascia media hanno moltiplicato i loro negozi. Nel 2022, si è raggiunta la soglia più alta dopo 12 anni, con l’apertura di più di 20000 negozi.
La fascia media rappresenta ben il 50% dei marchi, contro il 15% della fascia bassa e il 29% di quella premium.
Le difficoltà attuali di questo settore sono la diretta conseguenza di una strategia sbagliata caratterizzata dall’apertura di numerosi negozi. Ma non è solo la fascia media a soffrire, anche alcune aziende premium come Comptoir des Cotonniers o IKKS hanno dovuto chiudere o chiuderanno a breve dei negozi.
Tirare l’acqua al proprio mulino
Alcune aziende traggono vantaggio da questa situazione, come Kiabi, che ha subito un rialzo del fatturato del 10% nel 2022. Il segreto del suo successo si nasconde nella vendita di prodotti di seconda mano, nel noleggio di vestiti e nella progettazione ecocompatibile. Anche i marchi di abbigliamento sportivo sembrano sfidare la crisi. Decathlon è al primo posto dei negozi più frequentati e al terzo posto dei siti e-commerce.
Il Direttore dell’Osservatorio economico dell’IFM anticipa un 2024 ancora marcato dalla crisi (specialmente nella fascia media), ma si vede ottimista sul lungo termine. La sua preoccupazione si concentra sul contesto economico attuale e sul fatto che questo favorisca tuttora il fast fashion a discapito di una necessità di eco responsabilità.
Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Marsiglia