Venerdì 2 Maggio 2025
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La Gran Bretagna ha il tasso di inflazione più alto nel G7, essendo l'unica nazione nel gruppo delle economie avanzate con un’inflazione a doppia cifra dopo l'aumento shock dello scorso mese. In termini generali, l'inflazione è più alta nel Regno Unito che altrove: nell'Eurozona, l'inflazione annua è rallentata all'8,5% a febbraio, in calo rispetto al picco del 10,6% di ottobre, mentre negli Stati Uniti è scesa al 6% il mese scorso, in diminuzione rispetto al massimo del 9,1% della scorsa estate.
Sia nel Regno Unito che nell'Eurozona, la core inflation – utilizzata dai banchieri centrali perché è un parametro che esclude energia e cibo, fornendo così un quadro più chiaro delle pressioni inflazionistiche – è aumentata più del previsto: dal 5,8% di gennaio al 6,2% di febbraio per il Regno Unito, e dal 5,3% al 5,6% per l’Eurozona.
Sebbene l'inflazione possa variare di mese in mese, smentendo un andamento costante e rendendo più difficile isolare la Brexit come forza trainante del fenomeno, ci sono ancora ragioni per cui il Regno Unito potrebbe trovarsi peggio di altre nazioni. La Brexit ha aumentato i tempi di consegna e i costi per le importazioni oltremanica, un fattore che probabilmente si rifletterà sui consumatori.
Justin King, ex amministratore delegato di Sainsbury, ha affermato che il settore alimentare del Regno Unito è stato "significativamente interrotto" dall'uscita dall'UE. Una ricerca della London School of Economics ha mostrato che la Brexit ha aggiunto quasi 6 miliardi di sterline ai costi alimentari nel Regno Unito ma tuttavia non può essere considerato l’unico motivo. I coltivatori hanno incolpato i supermercati britannici di aver diminuito le retribuzioni, limitando così l'offerta, e inoltre sono diminuiti i finanziamenti del governo a sostegno della produzione alimentare.
Gli economisti hanno affermato che l'aumento delle bollette energetiche è stato uno dei principali fattori dell’aumento dei costi alimentari, influenzando il prezzo di fertilizzanti, del carburante per i mezzi agricoli e per i camion, dei forni dei panifici e delle linee di produzione delle fabbriche alimentari. Oltre all'interruzione della catena di approvvigionamento e ai costi energetici, anche i salari sono stati determinanti. In risposta allo shock inflazionistico, i lavoratori hanno chiesto ai datori di lavoro stipendi più elevati, mentre la mancanza di personale in molti settori, ha costretto le aziende a offrire salari più alti per assumere nuova forza lavoro o mantenere i propri dipendenti.
La migrazione netta verso il Regno Unito ha continuato a salire fino a raggiungere un livello record dalla Brexit, trainata soprattutto dagli arrivi da nazioni non UE. Una ricerca del Centre for European Reform ha suggerito che la Brexit potrà portare a un deficit di 330.000 persone di forza lavoro in UK. La mancanza di personale potrebbe quindi costringere i datori di lavoro ad aumentare i salari, con un potenziale ulteriore incremento dell'inflazione.
Fonte: https://bit.ly/3lBFJEN
(Contenuto editoriale a cura di The Italian Chamber of Commerce and Industry for the United Kingdom)