Notizie mercati esteri

Mercoledì 23 Luglio 2025

Notizie dai mercati esteri - Turchia

TURISMO. I dati del Ministero della Cultura e del Turismo nei primi cinque mesi del 2025

Stando ai dati presentati dal Ministero della Cultura e del Turismo lo scorso 23 giugno, nei mesi gennaio-maggio del 2025 la Turchia ha accolto 15.627.456 visitatori stranieri, riportando un leggero calo dello 0,99% rispetto all’analogo intervallo del 2024.

Nei primi cinque mesi dell’anno Istanbul ha accolto il 44,82% dei visitatori stranieri (7.004.412 presenze), seguita da Antalya con il 22,86% e 3.572.897 presenze. Segue, con un numero inferiore, Edirne con il 9,33% e 1.458.103 presenze.

In termini di provenienza geografica, nei cinque mesi in osservazione, i turisti tedeschi (11,14% del totale) si sono collocati al primo posto con 1.740.455 presenze, seguiti da russi (1.722.326 presenze), inglesi (1.224.950 presenze) e iraniani con 1.179.192 presenze.

Gli italiani che si sono recati per turismo in Turchia nei mesi di gennaio-maggio 2025 invece sono stati 68 mila (1,36% del totale).

 

I FLUSSI IDE. I dati YASED nei primi quattro mesi del 2025

Secondo i dati diffusi il 16 giugno scorso dall’Associazione non governativa degli Investitori Internazionali nel Paese (YASED), il valore netto degli IDE in Turchia nei mesi gennaio-aprile 2025 è stato pari a USD 3,3 mld, con un incremento del 13% rispetto all’analogo intervallo del 2024.

Il dato degli IDE in Turchia nei primi quattro mesi in esame comprende USD 2,2 mld in capitale azionario, USD 0,5 mld da vendite immobiliari a residenti stranieri, e USD 1,1 mld tramite strumenti di debito. Contestualmente, vi è stato un disinvestimento di USD 0,6 mld.

Nel mese di aprile, con una quota pari al 28% del totale degli IDE, i Paesi Bassi occupano il primo posto nella classifica dei dieci principali investitori in Turchia, precedendo UAE (17%), Regno Unito (10%), Francia (8%) e Stati Uniti (7%).

 

INTERSCAMBIO COMMERCIALE ITALIA-TURCHIA. I dati dell’Agenzia ICE nei primi quattro mesi del 2025

Secondo i dati diffusi dall’Agenzia ICE di Istanbul, nei primi quattro mesi dell’anno l’interscambio è stato pari a USD 9,568 mld, registrando un decremento del 12,7% rispetto all’analogo intervallo del 2024. In particolare, le esportazioni italiane verso la Turchia si sono contratte del 21,2% (USD 5,216 mld), mentre le importazioni sono aumentate del 5,1% e si sono attestate a USD 4,352 mld. La bilancia commerciale mostra un saldo positivo per l’Italia di USD 864 mln.

Nell’arco temporale di riferimento, l’Italia si posiziona al quinto posto tra i partner commerciali della Turchia, risultandone il quinto fornitore (dopo Cina, Russia, Germania e Stati Uniti) e il quarto cliente (dopo Germania, Regno Unito e Stati Uniti). Le esportazioni italiane costituiscono il 4,3% del totale delle importazioni turche, mentre le esportazioni dalla Turchia rappresentano il 5,1% delle importazioni complessive italiane.

In ambito UE, l’Italia si colloca in seconda posizione in termini di interscambio, preceduta solo da Berlino (USD 16,353 mld) e seguita da Parigi (USD 7,829 mld) e Madrid (USD 6,488 mld). Nell’area mediterranea, invece, l’Italia si conferma il primo partner commerciale di Ankara.

Nei mesi gennaio-aprile 2025, la dinamica dell’export italiano è stata trainata dalle vendite di “articoli in ferro e acciaio” (+38% sui primi quattro mesi del 2024 e in volume pari a USD 147,7 mln) e dai prodotti farmaceutici (+30,4% e in volume pari a USD 121,9 mln); in calo, invece, l’export di “pietre preziose e semi preziose, metalli preziosi, perle e bigiotteria”, prima voce del nostro interscambio con USD 1,143 mld (- 49,6%). I “macchinari e le apparecchiature meccaniche”, e gli “autoveicoli, trattori, e parti di ricambio” - seconda e terza voce del nostro interscambio - hanno fatto registrare un calo rispetto ai mesi gennaio-aprile del 2024 rispettivamente del 12,1% i primi (USD 900,3 mln) e del 18,4% i secondi (373,4 mln).

La dinamica dell’export turco mostra invece un aumento alla voce “rame e articoli in rame” (+65,8%) e “frutta” (+38,4%). In calo gli acquisti italiani di “combustibili minerali e oli minerali” che si sono contratti del 36,2%. Gli “autoveicoli, trattori e parti di ricambio” si confermano la principale voce tra le importazioni italiane dalla Turchia, con un valore di USD 917,2 mln con volumi scesi però del 9,7%.

 

COMMERCIO ESTERO DELLA TURCHIA. L’ultimo rapporto sui primi cinque mesi del 2025

Secondo i dati diffusi nei primi giorni di luglio da Turkstat, in collaborazione con il Ministero del Commercio, nel solo mese di maggio 2025 le esportazioni turche sono ammontate a 24,8 miliardi di dollari, registrando un incremento del 2,6% rispetto allo stesso mese del 2024. Le importazioni hanno invece raggiunto i 31,5 miliardi di dollari, con una crescita del 2,7% su base annua.

Nel periodo gennaio-maggio 2025, le esportazioni hanno totalizzato 110,9 miliardi di dollari, segnando un aumento del 3,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le importazioni, nello stesso intervallo, si sono attestate a 152,2 miliardi di dollari, in crescita del 5,8%.

Nel medesimo periodo, i principali mercati di destinazione dell’export turco sono stati: Germania (9,19 miliardi di dollari), Regno Unito (6,90 miliardi), Stati Uniti (6,64 miliardi), Italia (5,59 miliardi) e Iraq (4,87 miliardi), che insieme hanno rappresentato il 29,9% del totale delle esportazioni.

Per quanto riguarda invece le importazioni, i principali Paesi fornitori sono stati: Cina (17,1 miliardi di dollari), Federazione Russa (15,1 miliardi), Germania (11,6 miliardi), Stati Uniti (6,2 miliardi) e Italia (6,1 miliardi).

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)

Ultima modifica: Mercoledì 23 Luglio 2025
Mercoledì 23 Luglio 2025

Dazi USA, una misura protezionistica che “apre a nuove opportunità"

Affondano le radici nell’antica Grecia quelli che oggi chiamiamo Dazi e che rappresentano una delle più antiche forme di protezionismo verso la produzione interna di una Polis, di un Comune e, via via, di uno Stato.

Ogni Paese, nel corso della storia, li ha imposti per garantire sopravvivenza e tutela ai propri asset produttivi. La Confederazione elvetica, nel XX secolo, mantenne una politica doganale relativamente liberale, regolando nel 1972 l’import-export di libero scambio tra la Svizzera e l’Unione europea. Nel 1999 e nel 2004, a cambiare la rotta, sono stati gli accordi bilaterali I e II, con la relativa modifica di gennaio 2024 che ha abolito i dazi doganali sulle importazioni di prodotti industriali per rafforzare la piazza economica e industriale svizzera. Un impegno verso il libero scambio che, oggi più che mai, potrebbe favorire il Made in Italy.

Donald Trump e il valzer delle percentuali

Annuncia il 10, impone il 30, si apre a trattare. Secondo i più quotati economisti, l’azione di Donald Trump verso i prodotti Made in UE, potrebbe soffiare sull’export limitandone l’approdo negli USA e favorendone l’espansione verso mercati alternativi. Venendo al caso del Made in Italy il conto è presto fatto. Il valore dell’export italiano nel 2024 in Euro ammontava a 623.5 miliardi euro, solo il 10,3% del quale (circa 64,8 miliardi) destinato agli USA. Guardando però all’export verso i Paesi limitrofi nell’Unione Europea, emerge che l’Italia ha esportato verso:

  • Germania 71 miliardi di euro
  • Francia 62,3 miliardi di euro
  • Spagna 34.5 miliardi di euro
  • Svizzera 30.1 miliardi di euro

Per il Made in Italy la Svizzera rappresenta il quinto partner commerciale mondiale e potrebbe scalare la classifica se, il primo agosto, le trattative UE-USA non avessero dato i risultati sperati.

Va anche ricordato che, oltre alla Convenzione AELS e all’accordo di libero scambio con l’Unione europea, la Svizzera oggi dispone di una rete di 34 accordi di libero scambio con 44 partner. Una vera e propria strategia commerciale e diplomatica che l’ha posizionata come l’hub commerciale strategico nel cuore dell’Europa. Un punto nevralgico nel quale convergono attività economiche, logistiche e di distribuzione che vedono l’Italia tra i Paesi più presenti. 

I dazi USA in Svizzera: il peso piuma di un colosso

Secondo quanto affermato dall’economista svizzero Mathias Binswanger della FHNW è possibile che anche la Svizzera subisca un certo contraccolpo dall’imposizione dei Dazi USA sui prodotti Made in Switzerland, ma è altrettanto probabile che, in larga parte, la sensibile variazione dei prezzi e dei costi derivante, sarà percepita in modo solo marginale dal consumatore finale. L’obiettivo di una eventuale imposizione di dazi USA, secondo Binswanger, potrebbe avere uno scopo preciso: spingere le aziende ad investire di più negli USA e produrre lì. I settori più colpiti sarebbero l’industria chimica e farmaceutica – i principali settori di esportazione elvetici verso gli Stati Uniti. Tuttavia, l’economia americana non è in grado di produrre questi beni a breve termine quindi i “rischi” sono quanto mai sfumati.

Mentre il dollaro USA arranca in un sistema che deve fronteggiare trilioni di debiti e la zona euro inciampa nella diffusa recessione, il franco svizzero guadagna il 10%, anche nel mercato "risk-on". Ad ammettere la stabilità della moneta elvetica è la stessa Bank of America che, quando ne parla, fa riferimento alle solide fondamenta del modello svizzero che, per l’economia globale, fa rima con sicurezza e stabilità. Il franco svizzero, quindi, non emerge solo come una valuta forte ma riceve un voto globale di fiducia nei sistemi economici considerati trainanti come quelli degli Stati Uniti.

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)

Ultima modifica: Mercoledì 23 Luglio 2025
Mercoledì 23 Luglio 2025

Catalogna al vertice dell’innovazione in Spagna secondo il RIS 2025 della Commissione europea

La Catalogna si conferma leader dell’innovazione in Spagna, guadagnando terreno anche a livello europeo. Secondo il Quadro di valutazione dell'innovazione regionale 2025 (RIS) pubblicato dalla Commissione europea, la regione ha ottenuto un punteggio di 110,7 (rispetto alla media UE di 100), migliorando sensibilmente rispetto alla precedente edizione. Questo risultato le permette di avanzare di nove posizioni in classifica, passando dall’81° al 72° posto su 241 regioni europee analizzate. Il progresso le consente di salire nella categoria “Forte innovatore (medio)”, lasciandosi alle spalle altre importanti aree spagnole come i Paesi Baschi (108,1 punti, 81° posto) e la Regione di Madrid (106,1 punti, 90° posto).

I fattori chiave che hanno determinato questo miglioramento includono i forti risultati ottenuti in ambiti strategici come le pubblicazioni scientifiche, il design industriale e le applicazioni di marchi, le vendite di prodotti innovativi, l’istruzione superiore, l’accesso alla banda larga e l’apprendimento permanente lungo tutto l’arco della vita (con un aumento di 31,6 punti). Da segnalare anche la crescita dell’occupazione nei servizi ICT, con un incremento di 26,5 punti. Questi progressi hanno spinto la Catalogna, per la prima volta, al di sopra della media UE in diverse aree chiave.

Secondo il Ministro delle Imprese e del Lavoro, Miquel Sàmper, “la Catalogna si conferma terreno fertile per lo sviluppo di progetti innovativi”. Il Ministro ha evidenziato l’impegno del Governo nel rafforzare la connessione tra ricerca e mercato e nel promuovere una cultura dell’innovazione all’interno del tessuto imprenditoriale, anche grazie ai programmi promossi da ACCIÓ – Catalonia Trade & Investment.

La costante traiettoria ascendente della Catalogna nei RIS riflette un ecosistema di innovazione dinamico, un’elevata apertura internazionale e una chiara strategia di consolidamento dell’economia della conoscenza.

Un’opportunità anche per le imprese italiane

Questi dati rappresentano un’interessante opportunità per le imprese italiane che guardano alla Catalogna come porta d’ingresso verso il mercato spagnolo e come hub strategico per l’innovazione. Collaborazioni, investimenti e partnership in settori ad alto contenuto tecnologico possono trovare in questo contesto un terreno fertile e competitivo, favorito da infrastrutture digitali avanzate, capitale umano qualificato e una solida cultura dell’innovazione.

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana - Barcellona)

Ultima modifica: Mercoledì 23 Luglio 2025
Mercoledì 23 Luglio 2025

Economia blu in Brasile: un’alleanza strategica tra costa e hinterland

Un recente studio della FAPESP evidenzia che l’“economia blu” – ovvero l’insieme delle attività economiche legate in modo diretto o indiretto alle risorse marine – costituisce una leva cruciale per lo sviluppo sostenibile del Brasile, mettendo in luce la forte interdipendenza tra aree costiere e regioni interne del paese 

La sola economia “diretta”, cioè pescato, trasporti marittimi, turismo balneare e bioprospezione, incide per il 2,91 % del PIL nazionale e genera l’1,07 % dei posti di lavoro. Ma è studiando l’intera catena del valore – filiere collegate, infrastrutture, indotto e servizi – che l’impatto diventa ancora più significativo: fino al 6,39 % del PIL e al 4,45 % dell’occupazione brasiliana .

Questi dati hanno implicazioni rilevanti: evidenziano come un’economia realmente sostenibile debba considerare non solo il cuore produttivo, ma anche il suo eco-sistema territoriale. Il valore economico del mare si estende ben oltre le coste: infrastrutture portuali, trasporti di merci, logistica interna, real estate e servizi alle imprese nelle aree interne sono strettamente connessi alla salute e alla gestione dell’ambiente marino .

Nel contesto brasiliano – con una costa che si estende per circa 7.491 chilometri – il potenziale dell’economia blu appare sottoutilizzato. La presenza di infrastrutture critiche, come i cavi sottomarini che trasportano il 98 % dei dati verso i centri interni, dimostra quanto la connessione fra mare e hinterland sia anche digitale .

Il messaggio chiave dello studio è chiaro: per massimizzare i benefici economici e sociali, il Brasile deve investire in un approccio integrato, che valorizzi le reti logistiche e promuova lo sviluppo delle filiere nelle aree interne, senza trascurare la tutela degli ecosistemi marini. Ciò implica politiche pubbliche orientate a:

  1. Potenziare le connessioni infrastrutturali tra porti e regione interna;
  2. Incentivare innovazioni nell’economia blu, come l’energia rinnovabile offshore, biotecnologie marine e servizi di cattura del carbonio “blu”;
  3. Promuovere l’occupazione qualificata nelle regioni costiere e nel retroterra, valorizzando le competenze locali;
  4. Integrare la pianificazione economica e ambientale, traducendo il valore strategico degli oceani in una politica nazionale inclusiva.

Con un PIL trimestrale che superava i 2.000 miliardi di reais nel 2025, il settore blu può rappresentare un tassello importante per diversificare l’economia, aumentare la resilienza climatica e ridurre le disuguaglianze territoriali. Riconoscendo – nelle parole dei ricercatori FEAUSP – l’importanza della sinergia tra costa e entroterra, il Brasile potrebbe quindi trasformare la propria vocazione costiera in un vantaggio competitivo duraturo.

In un’epoca in cui la sostenibilità viene sempre più misurata attraverso l’interazione tra ambiente, economia e società, l’“economia blu” è l’espressione di un’opportunità: non solo per valorizzare il mare, ma anche per rafforzare il tessuto produttivo e umano delle regioni interne. Una sfida, ma anche un’occasione strategica per un’economia nazionale più unita e sostenibile.

Fonte: FAPESP

(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)

Ultima modifica: Mercoledì 23 Luglio 2025
Mercoledì 23 Luglio 2025

Bratislava pronta al lancio del nuovo SUV di punta Audi Q9: produzione al via già nel 2026

Il sito produttivo della Volkswagen a Bratislava si prepara ad accogliere una delle sfide più ambiziose dell’industria automobilistica tedesca: la produzione dell’Audi Q9, un SUV di lusso senza precedenti per dimensioni e dotazioni, destinato a diventare il nuovo modello di punta della casa di Ingolstadt. A confermare l’imminente avvio della produzione sono fonti industriali, secondo cui il debutto del veicolo è previsto già nel corso del 2026. Il sito slovacco, specializzato da anni nella costruzione di SUV premium, ospita già la produzione delle Audi Q7 e Q8, modelli che hanno portato importanti investimenti e know-how a Devínska Nová Ves.

Il successo di queste linee ha rafforzato il ruolo dello stabilimento all’interno del gruppo Volkswagen, posizionandolo come punto di riferimento per il segmento SUV di alta gamma. Wolfram Kirchert, direttore dello stabilimento, ha dichiarato che la fabbrica è pronta ad accogliere nuovi modelli e che si candida apertamente per ospitare anche la Q9, pur senza conferme ufficiali da parte del gruppo o del marchio Audi. Tuttavia, secondo fonti vicine alla produzione, i preparativi per l’arrivo del nuovo modello sono iniziati da almeno due anni. L’annuncio giunge in un momento delicato per il settore automobilistico slovacco, alle prese con sfide globali e investimenti sfumati. Situato nel quartiere Devínska Nová Ves, lo stabilimento Volkswagen di Bratislava rappresenta uno dei pilastri industriali del gruppo in Europa. Coprendo un'area di circa 1,7–2,1 milioni m² e con una forza lavoro di oltre 11.000 addetti, la fabbrica è il più grande centro di produzione veicoli della Slovacchia. 

Fondata originariamente nel 1971 come Bratislavské automobilové závody (BAZ), venne acquisita da Volkswagen tra il 1991 e il 1999, assumendo l’odierna denominazione Volkswagen Slovakia. Bratislava è l’unico sito del Gruppo VW dove sotto un unico tetto vengono prodotti modelli di quattro brand: Volkswagen, Audi, Porsche e Škoda. I modelli attuali in produzione includono: Volkswagen: Touareg, Passat B9 (dal 2023); Audi: Q7 (dal 2005), Q8 (dal 2018); Porsche: Cayenne e Cayenne Coupé; Škoda: Karoq, Superb (dal 2023). A partire dal 2026, nella linea sarà assemblata la versione elettrica del Porsche Cayenne. Questa varietà ha permesso allo stabilimento di inserirsi stabilmente nel cuore della strategia europea di Volkswagen, affiancandosi agli impianti in Germania, Portogallo e Spagna.
 

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italo-Slovacca)

Ultima modifica: Mercoledì 23 Luglio 2025
Mercoledì 23 Luglio 2025

Un protocollo di cooperazione turistica è stato firmato a Roma dalla Ministra del Turismo greca, Olga Kefalogianni, e dalla sua omologa italiana, Daniela Santanchè.

Data ultima modifica: 

18/07/2025

Acronimo (CCIE): 

CCIESalonicco

Autore: 

Marco Della Puppa

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Descrizione

L'accordo mira a modernizzare e rafforzare la collaborazione bilaterale nel settore turistico, aggiornando l'intesa intergovernativa del 1986. Le aree di cooperazione includono lo scambio di informazioni e buone pratiche, la promozione congiunta di nuovi prodotti turistici e lo sviluppo di forme di turismo specializzate come l'agriturismo, il turismo gastronomico e il turismo enologico. Inoltre, il protocollo prevede iniziative congiunte nel campo dell'istruzione e della formazione professionale nel settore turistico. Kefalogianni ha definito l'accordo uno strumento strategico per approfondire la cooperazione tra Grecia e Italia e per promuovere una politica europea coesa e sostenibile nel settore turistico.

Durante l'incontro, le due ministre hanno esaminato l'ulteriore espansione e il consolidamento dei rapporti turistici tra i loro Paesi, ricordando come Grecia e Italia figurino tra le destinazioni turistiche più popolari al mondo, con un valore crescente sia a livello europeo sia internazionale.

Tra i temi discussi:

  • Promozione del turismo come priorità politica nell’Unione Europea, con un impegno congiunto a fare pressione perché il turismo assuma un ruolo centrale nell’agenda comunitaria.
  • Rafforzamento della cooperazione bilaterale attraverso iniziative coordinate in settori quali il turismo culturale, gastronomico, enologico e sostenibile
  • Aggiornamento dell’accordo quadro bilaterale, originariamente firmato negli anni ’80, con l’obiettivo di adeguarlo ai bisogni moderni e potenziare gli strumenti condivisi per lo sviluppo turistico .
  • Promozione congiunta verso mercati terzi e scambio di buone pratiche: creazione di pacchetti turistici integrati per destinazioni nel Mediterraneo e oltre, destinati a mercati extraeuropei .
  • Sviluppo di forme specializzate di turismo, quali enogastronomia, agriturismo, yachting e turismo termale, per differenziare l’offerta e contrastare la stagionalità
  • Supporto alla politica europea del turismo: la Grecia ha presentato all’EU Tourism Ministers’ meeting a Varsavia (24 giugno 2025) una proposta per trasformare il Consiglio Informale dei Ministri del Turismo in un organismo formale dell’UE con bilancio dedicato, suscitando il sostegno di Italia, Spagna, Croazia, Bulgaria e Portogallo
  • Formazione e sviluppo delle competenze turistiche, con l’utilizzo dei fondi europei per il capitale umano e la digitalizzazione del settore, inclusi nuovi strumenti come l’app mAiGreece e la modernizzazione del portale VisitGreece.gr

In sintesi, le ministre hanno ribadito l’importanza strategica della collaborazione Grecia‑Italia, volta a rilanciare il settore turistico con obiettivi condivisi di sviluppo sostenibile, internazionalizzazione e centralità della cooperazione europea.

(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italo-Ellenica di Salonicco)

Ultima modifica: Mercoledì 23 Luglio 2025
Mercoledì 23 Luglio 2025

Situazione dazi USA sulla Thailandia del 18 luglio 2025

Nel luglio 2025, la Thailandia è entrata in una fase critica di negoziazione commerciale con gli Stati Uniti, dopo che l’amministrazione Trump ha annunciato l’intenzione di imporre una tariffa del 36% su tutte le importazioni thailandesi a partire dal 1° agosto.

Questa misura si inserisce in una più ampia strategia americana di ricalibrazione delle relazioni economiche con i Paesi del Sud-est asiatico, finalizzata a ridurre gli squilibri strutturali della bilancia commerciale con le principali economie esportatrici della regione.

Secondo Financial Post, la Thailandia rappresenta il principale esportatore della regione verso gli USA, con un surplus commerciale di 46 miliardi USD nel 2024, e un’accelerazione delle esportazioni del 15% nei primi cinque mesi del 2025.

La risposta diplomatica thailandese

Per contrastare la minaccia tariffaria, il governo thailandese ha avviato una risposta diplomatica urgente. Come riportato sia dal Bangkok Post sia da The Nation, è stato convocato un incontro formale in videoconferenza tra il Ministro delle Finanze thailandese Pichai Chunhavajira e il Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, Jamieson Greer, nella sera del 16 luglio.

La delegazione, guidata dal Vice Primo Ministro e composta da funzionari chiave dei ministeri del commercio e della finanza, ha presentato una nuova e più ampia offerta commerciale, nel tentativo di scongiurare l’imposizione del dazio del 36%.

Contenuto delle proposte thailandesi

La proposta avanzata da Bangkok si articola in più componenti:

  1. Azzeramento dei dazi su decine di migliaia di prodotti statunitensi, tra cui specifici beni agricoli come longan e tilapia, per i quali la Thailandia aveva già ridotto le tariffe verso altri partner commerciali.
  2. Riduzione generale delle tariffe doganali applicate alle merci USA: il governo propone un tasso obiettivo del 10%, accettando eventualmente una fascia negoziabile tra il 10% e il 20%.
  3. Rimozione di barriere non tariffarie, mediante l’adozione di standard internazionali e la semplificazione delle procedure di importazione.
  4. Riequilibrio della bilancia commerciale bilaterale, attraverso l’aumento delle importazioni dalla controparte statunitense, in particolare nei settori agricolo, energetico (incluso GNL) e aeronautico.

Secondo The Nation, la Thailandia mira a dimostrare buona volontà negoziale e a rafforzare i legami bilaterali, evitando misure punitive e presentandosi come partner affidabile rispetto a concorrenti regionali.

Misure di contingenza e piani alternativi

Conscio della possibilità che le trattative falliscano, il governo thailandese ha predisposto piani di emergenza basati su due scenari:

  • Scenario 1: applicazione piena del dazio del 36%, con impatti potenzialmente devastanti su settori esportatori strategici;
  • Scenario 2: adozione di un dazio intermedio al 20%, simile a quello già in vigore contro il Vietnam.

Le misure previste includono:

  • interventi di sostegno alle imprese colpite,
  • incentivi per la diversificazione dei mercati di sbocco,
  • misure fiscali e doganali per attenuare gli effetti sulle filiere produttive nazionali.

Confronto regionale e competitività

Il confronto con altri Paesi dell’ASEAN mostra chiaramente la criticità della posizione thailandese:

  • Indonesia ha negoziato una riduzione della tariffa dal 32% al 19%, in cambio di un pacchetto di acquisti americani da parte di Jakarta, tra cui 50 aerei Boeing;
  • Vietnam ha ottenuto un dazio ridotto al 20%, pur continuando a trattare;
  • Malaysia è soggetta a una tariffa del 25%;
  • Filippine ha visto l’aliquota passare dal 17% al 20%.

La Thailandia, minacciata da un’imposizione del 36%, ha interesse strategico a raggiungere un accordo che la mantenga competitiva nella regione e tuteli il suo ruolo nei flussi commerciali globali, specialmente in settori come elettronica, automotive, alimentare e tessile.

 

Opportunità per l’Europa nel nuovo contesto commerciale Thailandia-USA

L’annuncio da parte dell’amministrazione statunitense dell’introduzione di una tariffa del 36% sulle importazioni dalla Thailandia apre però uno spazio strategico rilevante per l’Europa, sia in termini di accesso al mercato thailandese sia nella ridefinizione delle catene di approvvigionamento globali.

In primo luogo, l’eventuale rallentamento dell’export thailandese verso gli Stati Uniti potrebbe spingere Bangkok a diversificare i propri partner commerciali, rafforzando i rapporti economici con l’Unione Europea. La UE si trova così in una posizione favorevole per offrire condizioni commerciali più stabili, sfruttando il proprio soft power regolamentare e la reputazione di affidabilità sul lungo periodo.

Inoltre, alcuni comparti chiave dell’export europeo — come il settore agroalimentare, farmaceutico, automotive e tecnologico — potrebbero trarre vantaggio da un’eventuale riduzione della concorrenza americana sul mercato thailandese. I beni europei, già apprezzati per qualità e innovazione, possono dunque rafforzare la propria presenza grazie a un differenziale competitivo temporaneamente ampliato.

In parallelo, le imprese europee con base produttiva in Thailandia — o interessate a delocalizzare parte della produzione — potrebbero valutare nuove strategie di rilocalizzazione per accedere più facilmente sia al mercato regionale ASEAN che a quello cinese, compensando le difficoltà connesse all’export verso gli USA.

Conclusioni

L’incontro del 16 luglio segna un passaggio cruciale nei rapporti commerciali tra Thailandia e Stati Uniti. La proposta avanzata da Bangkok dimostra apertura e volontà di compromesso, ma l’esito resta incerto.

Se i dazi del 36% entrassero in vigore il 1° agosto, l’impatto sull’economia thailandese sarebbe significativo, colpendo settori chiave dell’export e generando effetti a catena su occupazione e investimenti. Il governo ha già predisposto misure di emergenza, ma il tempo per evitare la crisi è limitato.

Al contempo, questa tensione commerciale apre nuove opportunità per l’Europa, che può rafforzare il proprio ruolo nella regione, offrendo stabilità, cooperazione e accesso a tecnologie e investimenti in un momento di ridefinizione degli equilibri globali.

Fonti

Financial Post. (luglio 2025). Thailand to make fresh proposals to US in bid to avert tariff. Financial Post.

The Nation. (16 luglio 2025). Thailand to propose zero tariffs in crucial US trade talks tonight. The Nation.

Bangkok Post. (16 luglio 2025). Thailand makes fresh proposals to reduce US tariff pain. Bangkok Post.

(Contributo editoriale a cura della Thai-Italian Chamber of Commerce)

Ultima modifica: Mercoledì 23 Luglio 2025
Mercoledì 23 Luglio 2025

Corea del Sud si unisce al programma Ue Horizon per la ricerca

La Repubblica di Corea è diventata ufficialmente il primo Paese asiatico ad associarsi a Horizon Europe, il programma multimiliardario di ricerca e innovazione dell'Ue. I ricercatori e le organizzazioni sudcoreane possono ora partecipare a diverse aree del programma a parità di condizioni con gli Stati membri dell'Ue." E' quanto rende noto la Commissione Ue. "Potranno aderire e dirigere consorzi di ricerca internazionali, accedere ai finanziamenti e collaborare con i principali istituti di ricerca in Europa e altrove per affrontare le sfide globali. La Repubblica di Corea contribuirà inoltre finanziariamente al bilancio del programma. Questo accordo di associazione rafforza l'alleanza geopolitica dell'Ue con i Paesi che condividono la stessa mentalità. L'associazione porterà a maggiori opportunità di approfondimento della ricerca congiunta tra continenti in molti campi, come la transizione digitale, la salute e l'innovazione tecnologica finalizzata alla neutralità del carbonio", si legge nella nota dell'esecutivo comunitario. "E' un grande giorno per la scienza e per le partnership. Il più grande programma di innovazione al mondo, che proponiamo di raddoppiare nel prossimo bilancio dell'Ue. Insieme, daremo impulso alla ricerca d'avanguardia, dal digitale alla tecnologia pulita", ha scritto su X la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Fonte: ANSA

(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce in Korea)

Ultima modifica: Mercoledì 23 Luglio 2025
Martedì 22 Luglio 2025

Tecnologie quantistiche in Germania

La Germania è oggi il Paese leader in Europa nello sviluppo del calcolo quantistico. Dal 2020 ha investito oltre 2 miliardi di euro nel settore, risultando l’unico Stato europeo a destinare più del 3% del proprio PIL alla ricerca e sviluppo. Questo impegno ha portato a risultati significativi: nell’ottobre 2024, a Ehningen (vicino a Stoccarda), è stato inaugurato il primo centro dati quantistico IBM in Europa, nonché il primo realizzato fuori dagli Stati Uniti.

Collegato all’IBM Quantum Network, il centro offre accesso a sistemi quantistici avanzati a più di 250 aziende, istituzioni pubbliche e centri di ricerca, rappresentando una risorsa strategica per affrontare sfide complesse in ambiti quali chimica, logistica, sicurezza e intelligenza artificiale.

Nel 2024, il governo ha incaricato Planqc di sviluppare un computer quantistico da 1.000 qubit presso il Leibniz Supercomputing Centre di Monaco, la cui conclusione è prevista tra metà 2025 e inizio 2026.

Università e centri di ricerca extra-accademici: un connubio vincente

Numerosi attori scientifici operano attivamente nello sviluppo delle tecnologie quantistiche, spesso in sinergia con l’industria. Tra i quali menzioniamo, ad esempio, il Max Planck Institute for Quantum Optics (MPQ) il Quantum Applications and Research Laboratory della LMU di Monaco, l’Institute of Functional Matter and Quantum Technologies dell’Università di Stoccarda e la Fraunhofer Gesellschaft.

 

Startup e aziende private

La Germania ospita numerose realtà private dinamiche e innovative:

  • AIRBUS: applicazioni quantistiche per l’aerospazio
  • EleQtron (Siegen): computer quantici a ioni intrappolati
  • HQS Quantum Simulations (Karlsruhe): software per l’industria chimica e accademica
  • Qruise (Saarbrücken): machine learning per la ricerca scientifica
  • Avanetix (Berlino): ottimizzazione della supply chain
  • KEEquant: soluzioni per la Quantum Key Distribution (QKD)
  • JoS Quantum: soluzioni per la finanza e servizi di Research-as-a-Service
  • Kiutra: criostati a ciclo chiuso per temperature sub-Kelvin
  • Quantum Factory: computer quantici a trappole di ioni con alta fedeltà

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio italo-tedesca di Monaco di Baviera - ITALCAM)

Ultima modifica: Martedì 22 Luglio 2025
Martedì 22 Luglio 2025

Notizie dai mercati esteri - Stati Uniti

DIGITALIZZAZIONE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE: OPPORTUNITÀ PER LE PMI ITALIANE NEL MERCATO DI NEW YORK

L'adozione dell'intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il panorama delle piccole e medie imprese (PMI) negli Stati Uniti, con New York al centro di questa evoluzione. Secondo un rapporto dell’Initiative for a Competitive Inner City (ICIC) in collaborazione con Intuit, quasi il 90% delle piccole imprese statunitensi utilizza strumenti basati sull’intelligenza artificiale, con un’adozione crescente di tecnologie generative come chatbot, assistenti alla scrittura e software per la creazione di immagini e contenuti digitali. 

Tuttavia, un'analisi di Crain's New York Business evidenzia che solo il 3,3% delle PMI a New York ha integrato l'IA nelle operazioni quotidiane, indicando un ampio margine di crescita e innovazione nel mercato locale. 

Per le aziende italiane, questo scenario rappresenta un'opportunità strategica per offrire soluzioni tecnologiche e servizi specializzati. Organizzazioni come il New York Small Business Development Center (NYSBDC) supportano le PMI nell'adozione dell'IA, offrendo consulenza su marketing, gestione finanziaria e automazione dei processi. 

Inoltre, il governatore Kathy Hochul ha annunciato iniziative per sostenere le piccole imprese nello sviluppo dell'IA, inclusi programmi di formazione e investimenti in startup tecnologiche. 

Per le PMI italiane interessate a espandersi nel mercato di New York, collaborare con partner locali e partecipare a programmi di supporto può facilitare l'ingresso e la crescita in un ambiente imprenditoriale dinamico e in evoluzione. 

TRANSIZIONE ENERGETICA: ENEL GREEN POWER GUIDA L’INNOVAZIONE SOSTENIBILE ANCHE NEGLI STATI UNITI

Enel Green Power North America si conferma protagonista della transizione energetica negli Stati Uniti, con una presenza significativa anche nello Stato di New York. Tra i progetti di rilievo, il Fenner Wind Farm, situato nella contea di Madison, rappresenta uno dei primi impianti eolici operativi nello stato, con una capacità di 30 MW, sufficiente a fornire energia ad oltre 7.800 abitazioni. 

Nel contesto urbano di New York City, Enel X ha implementato soluzioni innovative di storage energetico. Ad esempio, presso il Marcus Garvey Village, un complesso residenziale di 625 unità, è stato realizzato il primo microgrid della città, integrando sistemi di accumulo, pannelli solari e celle a combustibile, migliorando l'efficienza energetica e riducendo le emissioni di gas serra. 

Queste iniziative si inseriscono nel più ampio impegno dello Stato di New York verso l'energia pulita, con l'obiettivo di raggiungere il 70% di elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030. Tuttavia, secondo quanto riportato da E&E News nel maggio 2025, la Commissione per i Servizi Pubblici dello Stato di New York ha avviato una revisione delle sue politiche energetiche, ammettendo che l’attuale traiettoria non è sufficiente per raggiungere l’obiettivo nei tempi previsti. Il presidente Rory Christian ha sottolineato la necessità di un approccio più misurato e realista per affrontare le sfide emergenti del settore. 

Per le imprese italiane del settore cleantech, queste dinamiche rappresentano un'opportunità per offrire soluzioni tecnologiche avanzate, partecipare a progetti di storage e collaborare con partner locali. La presenza consolidata di Enel Green Power e le politiche statali favorevoli rendono New York un mercato strategico per l'espansione internazionale nel campo dell'energia sostenibile. 

NEW YORK CITY: UN HUB STRATEGICO PER LE IMPRESE ITALIANE NEI SETTORI AI, GREEN ECONOMY E LIFE SCIENCES

New York City si conferma uno degli ecosistemi imprenditoriali più avanzati al mondo, offrendo opportunità concrete alle imprese italiane interessate ad espandersi negli Stati Uniti. In particolare, i settori dell’intelligenza artificiale, dell’economia verde e delle scienze della vita sono al centro delle strategie di sviluppo economico della città.

Nel 2025, NYC è stata riconosciuta come primo hub mondiale per l’intelligenza artificiale applicata. Con oltre 40.000 professionisti impiegati nel settore e una rete di oltre 1200 venture capital attivi, la città ospita più di 25.000 startup tecnologiche. Iniziative come il lancio della strategia AI di NYC e la piattaforma “AI in NYC” confermano il forte impegno pubblico nel sostenere l’innovazione. Programmi dedicati alla collaborazione tra aziende e centri di ricerca locali aprono spazi di sinergia interessanti anche per le PMI italiane attive nel settore tech. 

Anche il settore della green economy si presenta in forte espansione. New York ospita uno dei maggiori programmi statunitensi per l’energia eolica offshore, con 700 MW già in fase di installazione su un totale autorizzato di 4 GW. La città ha avviato investimenti per oltre 1 miliardo di dollari in infrastrutture per sostenere la crescita delle imprese del settore. Il piano d’azione Green Economy Action Plan, articolato in 63 misure operative, mira alla creazione di oltre 375.000 posti di lavoro entro il 2040. 

Nel comparto life sciences, New York è il primo destinatario nazionale di fondi NIH e si colloca al terzo posto negli USA per investimenti VC in biotech. Con oltre un milione di lavoratori nell’ambito healthcare e 19.000 addetti alla ricerca e sviluppo in ambito biomedico, la città offre un ecosistema altamente competitivo. Il programma LifeSci NYC prevede investimenti pubblici per 1,1 miliardi di dollari per la creazione di un nuovo polo di innovazione e ricerca, incluso il futuristico campus SPARC Kips Bay, che sorgerà a Manhattan. 

Le imprese italiane che desiderano avviare o espandere la propria attività a New York possono inoltre beneficiare di oltre 70 agevolazioni fiscali e strumenti di supporto. 

In questo contesto, la collaborazione tra la Italy-America Chamber of Commerce e NYCEDC (New York City Economic Development Corporation, che mette a disposizione gli incentivi fiscali per le aziende) apre scenari strategici per valorizzare le eccellenze italiane nei settori più promettenti della transizione tecnologica e sostenibile.

(Contributo editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce)

Ultima modifica: Martedì 22 Luglio 2025