Giovedì 1 Maggio 2025
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Con l’adozione ieri da parte del Consiglio degli Stati e del Consiglio Nazionale delle proposte della Conferenza di conciliazione, la riforma AVS 21 ha terminato l’iter legislativo. Il suo scopo è garantire il finanziamento del Primo pilastro fino al 2030. A tal fine, sono previste diverse misure, le più significative sono l’aumento dell’età pensionabile per le donne e l’incremento dell’IVA. L’ultima parola spetterà comunque al popolo.
Come previsto, l’elemento più controverso e discusso durante i dibattiti è stato l’innalzamento di un anno, a 65 anni, dell’età pensionabile per le donne, misura che permetterà di sgravare l’AVS di 1,4 miliardi di franchi nel 2030. L’aumento scatterà un anno dopo l’entrata in vigore della riforma e sarà progressivo (tre mesi ogni anno).
Discussioni hanno sollevato anche le misure compensatorie previste per “addolcire” la pillola. A beneficiarne saranno le donne che andranno in pensione nei nove anni successivi all’adozione della riforma.
Concretamente, queste riceveranno un supplemento della rendita. Per le prime tre classi d’età che andranno in pensione, esso sarà progressivamente aumentato. Le successive due riceveranno il supplemento pieno. Per le ultime quattro classi sarà di nuovo ridotto allo scopo di evitare un effetto di soglia alla fine della generazione di transizione.
Il supplemento sarà modulato a seconda del reddito e aumentato per i redditi medio-bassi. Quello pieno ammonterà così a 160 franchi al mese per le donne con un reddito fino a 57’360 franchi, a 100 franchi fino a un reddito di 71’700 franchi e a 50 franchi con un reddito superiore a 71’700 franchi.
Pensionamento flessibile
La riforma prevede anche la possibilità per tutti di anticipare o rinviare la totalità o una parte della rendita tra i 63 e i 70 anni, anche nella previdenza professionale. Le persone che rimarranno attive anche oltre i 65 anni riceveranno una rendita superiore visto che versano contributi più a lungo.
Le donne nella generazione transitoria beneficeranno di condizioni più favorevoli per il prepensionamento (dai 62 anni). La rendita di vecchiaia non sarà ad esempio ridotta per quelle che andranno in pensione a 64 anni se non avranno un reddito superiore a 57’360 franchi.
Altro elemento portante della riforma è l’aumento dell’IVA di 0,4 punti percentuali, a fronte di una proposta del Consiglio federale proponeva un rialzo di 0,7 punti. L’introito supplementare verrà interamente attribuito al Fondo di compensazione AVS permettendogli così di raggiungere un grado di copertura sufficiente.
Non ci sarà invece un finanziamento dell’AVS da parte della Banca nazionale svizzera (BNS).
Agli elettori l’ultima parola
Contro la modifica della Legge federale sull’assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti (LAVS) la sinistra durante i dibattiti ha già annunciato il lancio del referendum. L’ultima parola spetterà in ogni caso al popolo: il decreto federale sull’aumento dell’IVA comporta infatti una modifica costituzionale che sottostà a votazione popolare obbligatoria.
Se il referendum riuscirà, il popolo - e i cantoni - dovranno quindi esprimersi due volte su uno stesso tema. La riforma potrà entrare in vigore solo se verranno accettati entrambi gli oggetti.
Non sarebbe la prima volta che gli elettori sono chiamati a una doppia votazione: ciò era successo con la Previdenza per la vecchiaia 2020. In quell’occasione, il 24 settembre 2017, la legge era stata respinta con il 52,7% di «no», il decreto sull’innalzamento dell’IVA con 50,05% di voti negativi (e 13,5 cantoni).
Fonte: http://www.ccis.ch/it/news.aspx?id=1474
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)