Lunedì 28 Aprile 2025
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Negli ultimi anni, in Argentina il settore dell’apicoltura è cresciuto e si è sviluppato notevolmente. Infatti, grazie alle condizioni climatiche, alla predisposizione del territorio e all’utilizzo di nuove tecnologie, l’apicoltura argentina è riuscita a distinguersi sia a livello nazionale che internazionale.
Secondo i dati dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), l’Argentina è il terzo produttore mondiale di miele, che corrisponde al 70% della produzione del Sudamerica, mentre si posiziona come il secondo paese esportatore di miele. A questo proposito, il Ministero dell'agricoltura, dell'allevamento e della pesca della nazione riporta che nel periodo fra gennaio e maggio 2021 le esportazioni di vari prodotti regionali, fra cui il miele, è cresciuta sensibilmente. Ci sono inoltre alcune iniziative che hanno incrementato la promozione del settore apistico, tra cui: "Más miel todo el año", proposta dal Ministero sopraindicato, che mette in risalto sia la qualità del prodotto alimentare che il lavoro degli apicoltori; e “Cooperativas Exportadoras de Miel del Sudoeste Bonaerense”, un gruppo di cooperative di apicoltori che si propone di facilitare l’esportazione del miele verso i mercati stranieri.
La predisposizione del territorio argentino, le campagne di promozione e le forme di associativismo evidenziano l’incremento del ruolo del settore apistico. L’Argentina si colloca dunque come un importante produttore ed esportatore di miele a livello internazionale.
(Contenuto editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)
Il CONFAZ – Consiglio Nazionale per le Politiche Agricole – legato al Ministero dell’Economia ha pubblicato i nuovi protocolli per l’applicazione dell’ICMS, cambiando la politica fiscale dei vini. A partire dal 1 aprile, gli stati di Alagoas, Mato Grosso do Sul, Espirito Santo, Minas Gerais, Rio de Janeiro e il Distretto Federale si ritirano dall’applicazione della sostituzione fiscale.
Così nessuna unità federativa starà soggetta al regime dell’imposta fiscale che segna la fine della ST per i vini.
La controversa tassa esiste dagli anni ’60 e ha cominciato ad essere applicata al vino per alcuni stati nel 2006 e nel 2012 tutte le unità federali hanno già applicato la sostituzione fiscale. Il movimento per porre fine alla ST è cominciato alla fine del 2019 e all’inizio del 2020 con Paraná, Rio Grande do Sul e San Paolo e si è esteso agli altri stati.
Fonte: https://bit.ly/3eNGBzr
(Contenuto editoriale a cura della Camera Italo-Brasiliana di Commercio e Industria di Rio de Janeiro)
La ricchezza dell'industria vitivinicola portoghese è ben nota al pubblico: sia nell'immensa varietà dei suoi vitigni e nelle condizioni uniche di clima e del terreno sia nei progetti innovativi e irriverenti, il Portogallo continua, anno dopo anno, a migliorare la sua posizione e ad affermarsi come attore nel mercato mondiale del vino.
Uno dei settori, tuttavia, che l'industria vitivinicola portoghese ha trascurato è il mercato dei vini ad alto valore aggiunto. In effetti, questo mercato ha visto una forte espansione negli ultimi anni.
OENO, un'azienda britannica che ha recentemente aperto uffici in Portogallo ed è presente in Francia, Italia, Stati Uniti, Spagna e Germania, sembra credere nei vini portoghesi, avendo fissato come obiettivo per il 2021 un investimento di 5 milioni di euro in Portogallo e nei suoi vini. Il paese sembra ben posizionato per essere una rivelazione in questo settore, con i suoi vitigni unici e la collezione di vini storici ed esotici che generano grande interesse negli investitori che vogliono diversificare i loro beni.
Investire in vini pregiati, in particolare attraverso aziende con una reputazione nel settore come OENO, è un investimento sicuro e con risultati concreti.
Dal 2018, i conti gestiti dall'OENO hanno avuto un rendimento medio dell'11,93%, molto più alto del rendimento medio degli investimenti in borsa. Inoltre, OenoFuture fornisce servizi di consulenza e crea strategie di investimento applicate alle esigenze particolari di ogni investitore. L'impresa ha anche un'unità interna specializzata nell'antifrode, che certifica rigorosamente i mercati dove acquista i suoi vini, proteggendo così i portafogli dei suoi clienti.
Fonte: https://bit.ly/3k7SiVe
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per il Portogallo)
Negli ultimi anni le abitudini alimentari dei consumatori di tutto il mondo, e degli Stati Uniti in particolar modo, sono cambiate notevolmente, volgendosi verso iniziative del tutto nuove e che stanno riscuotendo grande successo. Una frontiera esplorata da relativamente poco tempo è quella del “Plant Based Food”, ovvero gli alimenti a base vegetale, che di recente ha conosciuto ampia diffusione nel mercato statunitense e sta rivoluzionando lo stile di vita di migliaia di americani.
Si pensi che le vendite al dettaglio statunitensi di alimenti a base vegetale sono cresciute dell’11% nell’ultimo anno, secondo i dati della Plant Based Food Association a del Good Food Institute. Si parla di un valore di mercato di $4,5 miliardi. Il successo riscosso da questi “nuovi” alimenti va confrontato anche con la crescita relativamente stentata dei cibi tradizionali: nello stesso periodo di riferimento, infatti, le vendite al dettaglio di questi ultimi sono cresciute appena del 2%. Questi dati confermano il cambiamento nelle abitudini alimentari degli americani, più attenti alla salute.
I plant based food sono ormai molto variegati. I principali driver delle vendite sono: il latte a base vegetale ($1,9 miliardi), con una crescita del 6%; carni ($801 milioni), con una crescita del 10%; cibi pronti ($387 milioni), con una crescita del 6%; gelati ($304 milioni), con una crescita del 26%; yogurt ($230 milioni), con una crescita del 39%.
Sempre più numerosi anche i ristoranti che offrono e propongono alimenti a base vegetale. Nello stesso Miami Design District recentemente sono stati aperti nuovi bistrot “plant – based” a testimonianza dell’importanza raggiunta dal settore.
(Contenuto editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce Southeast)
Il coronavirus ha radicalmente modificato le abitudini delle persone, costringendo ad adattarsi a situazioni mai sperimentate prima d’ora. In particolare, una delle più grandi rinunce è stata l’andare al ristorante e/o al bar, luogo di ritrovo e svago per eccellenza. Questo, tuttavia, non ha fermato gli amanti del vino, i quali, pur di non rinunciare ad un buon bicchiere, hanno cominciato ad ordinare online, o su siti appositi o dai ristoranti cui erano soliti andare prima della pandemia.
L’e-commerce del vino nell’anno del virus si è innalzato del 15/20% rispetto ai livelli pre pandemici. In valore, si parla di un aumento di vendite online pari a circa 5,5 miliardi di dollari negli Stati Uniti e a 24 miliardi di dollari a livello globale, secondo uno studio condotto da IWSR Drinks Market Analysis di Londra.
Questo cambiamento ha dato grande notorietà a fornitori di alcolici online come Vivino e ha favorito molte acquisizioni e/o fusioni (ad esempio Uber ha acquistato Drizly a febbraio di quest’anno per 1,1 miliardi di dollari. Sono aumentate anche le adesioni ad aziende come Flaviar, la quale si rivolge agli amanti degli alcolici, e ad innumerevoli wine clubs.
Un celebre riferimento è quello alla già citata Vivino, azienda che durante il 2020 ha triplicato i download della sua app e ha collegato gli utenti a più di 700 punti vendita al dettaglio, raccogliendo milioni di dollari grazie a finanziamenti. Altro esempio meritevole di menzione è quello di SevenFifty, un’azienda nata 10 anni fa il cui core business consiste nel collegare distributori e importatori con i rivenditori tramite una piattaforma digitale: lo scorso anno ha ricevuto 23 milioni di dollari da un fondo di private equity.
Il settore è ancora molto frammentato e ciò giustifica la grande quantità di attività di acquisizione e di investimento. L’obiettivo è ottenere un insieme sempre più grande di acquirenti.
(Contenuto editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce Southeast)
Il termine “biologico” indica il processo secondo cui il cibo viene prodotto e si applica alla produzione di alimenti senza uso di prodotti chimici artificiali. La necessità di una produzione sempre più biologica emerge come risposta all'utilizzo di pesticidi nei mangimi per bestiame a seguito dell'agricoltura industrializzata del 1900.
Da anni ormai la domanda di alimenti prodotti biologicamente continua ad aumentare e, sebbene le linee guida per la sua produzione varino da paese a paese, resta un caposaldo per chi produce biologico non fare uso di ormoni, prodotti chimici, antibiotici o di organismi geneticamente modificati (OGM). Nel 2019, il Canada ha utilizzato circa il due per cento dei terreni agricoli per la produzione di una agricoltura biologica. Nel 2018, il valore del mercato degli alimenti biologici è stato di circa 5,1 miliardi di dollari canadesi, sebbene sia decresciuto rispetto all’anno precedente.
Per importare prodotti biologici in Canada bisogna presentare un certificato biologico valido, rilasciato da un ente di certificazione accreditato dalla Canadian Food Inspection Agency (CFIA) o da un ente di certificazione riconosciuto ai sensi di un accordo di equivalenza biologica esistente tra il Canada e il Paese d'origine.
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana dell'Ontario Canada (ICCO Canada))
Il numero di aziende agricole (49 363 nel 2020) ha continuato a diminuire (–1,3% rispetto al 2019) a fronte di un aumento di quelle che hanno abbracciato la coltura biologica (+3,8%). La superficie agricola utile (SAU) è rimasta quasi invariata. I capi di vacche da latte sono sempre di meno (–1,5%), mentre continua la crescita dell’effettivo di pollame (+5,2%). Secondo la rilevazione delle strutture agricole realizzata dall’Ufficio federale di statistica (UST), le persone che lavoravano nelle aziende agricole erano 149 500.
Nel 2020 è proseguito il cambiamento strutturale dell’agricoltura svizzera: il numero di aziende agricole è sceso a 49 363 unità (–1,3% rispetto al 2019), ma nel giro di 30 anni la loro superficie media, pari a 21,15 ettari (ha) per azienda, è pressoché raddoppiata. Un numero sempre maggiore di agricoltori si è convinto dell'importanza della produzione biologica, che infatti nel 2020 era praticata da 7561 aziende (+3,8%). Con la sua vasta superficie inerbita, il Cantone dei Grigioni ne è il capofila: oltre la metà (58%) delle sue 2215 aziende sono biologiche.
Le aziende agricole hanno dato lavoro a 149 500 persone (2019: 150 100), il 12% delle quali di nazionalità straniera. La maggioranza delle persone attive (56%) lavora a tempo parziale. La manodopera familiare, che rappresenta oltre i tre quarti di quella totale, è tuttora uno dei pilastri dell’agricoltura svizzera. Il 6% delle circa 54 300 donne attive nelle aziende agricole ne era a capo.
Stabili le barbabietole da zucchero, in rialzo il mais
Nel 2020 la maggior parte dei terreni detenuti dalle aziende agricole era costituita da prati naturali e pascoli (604 600 ha, ovvero il 58% del totale della SAU). I campi occupavano 399 800 ha (38%). Tra le altre superfici coltive (38 500 ha, 4%), la vigna occupava 13 400 ettari e i frutteti 7000 ettari.
Le varie colture si sono sviluppate in maniera diversa nel 2020. Dopo una leggera flessione nel 2019, le superfici dedicate all’orticoltura in pieno campo (12 100 ha) sono tornate al livello del 2018. Il 54% dei 142 200 ettari di cereali era destinato all’alimentazione umana. La coltura di mais è progredita del 10%, raggiungendo i 17 700 ettari. La superficie coltivata a patate (11 000 ha) è rimasta simile agli anni precedenti, mentre quella delle barbabietole da zucchero, in calo da qualche anno, sembra essersi stabilizzata (17 600 ha). Prende sempre più piede la coltura di soia (2032 ha), la cui superficie è raddoppiata nel giro di 10 anni.
177 300 ettari erano dedicati alla produzione biologica, una superficie più che raddoppiata rispetto a 20 anni fa. Più precisamente, il 59% delle piante aromatiche e medicinali, il 36% della soia e il 22% dell'orticoltura era coltivato con il marchio bio. Lampante la progressione del biologico nelle vigne (1783 ha, +398 ha).
Effettivo dei bovini in mutamento, pollame ancora in aumento
Nel 2020 è proseguito il mutamento dell’effettivo dei bovini, caratterizzato da una riduzione del numero delle vacche da latte (546 500; –1,5%) e dei loro allevatori (–2,6%). Questo sviluppo va in particolare a favore dell’allevamento estensivo di vacche nutrici (131 400; +2,4%) nell’ottica della produzione di carne. Gli effettivi di vacche da latte delle aziende agricole biologiche, invece, sono in aumento (+2,8%).
Il calo osservato negli ultimi anni nella filiera suina si è confermato anche nel 2020, seppure a un ritmo più contenuto rispetto all’anno precedente, sia sul fronte degli allevatori (–3,8%) che su quello del numero di capi di suini (–0,8%). Per quanto riguarda gli effettivi di suini biologici (3% della filiera), dopo vari anni in aumento, nel 2020 se ne è registrato un calo (–8,4%).
Nel 2020, al pari degli anni precedenti, l’allevamento di pollame è rimasto in crescita (+4,9%). Più precisamente, aumentando del 10,6% nel 2020, gli effettivi di galline ovaiole hanno registrato la maggiore crescita dal 2010. Il 18% di questi effettivi è stato allevato in modo biologico. Il numero di polli da ingrasso, invece, è aumentato del 4,6%.
Fonte: http://www.ccis.ch/it/news.aspx?id=1419
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)
L’Unione Europea riconoscerà ai produttori sostenibili argentini un plusvalore e pagherà loro valore differenziale per la soia argentina prodotta in modo sostenibile e certificata con bollino ASC dell’Associazione Argentina dei Produttori con Semina Diretta – AAPRESID, riconosciuto dalla FEFAC (Federazione Europea Fabbricanti Alimenti Composti) come marchio per la produzione compatibile con i più alti standard di sostenibilità europea. In un comunicato ufficiale si legge che, a ciascun produttore il valore differenziale verrà pagato sotto forma di crediti che verranno concessi ed erogati per cada tonnellata di soia prodotta biologicamente, un riconoscimento tangibile per il loro compromesso nella produzione sostenibile. Il mercato argentino, e nello specifico quello dei cereali e delle commodity agricole, mira a raggiungere e rispettare gli standard europei e dove la presenza italiana in particolare rappresenta un’eccellenza.
(Contenuto editoriale a cura della Cámara de Comercio Italiana de Rosario)
Lo scorso anno il Portogallo ha mantenuto il suo status di paese al mondo con il più alto consumo di vino per abitante, nonostante un leggero calo dello 0,6% nel volume di vino consumato rispetto all'anno precedente, indica il rapporto più recente dell'Organizzazione internazionale della vigna e del vino.
In termini di consumo globale si è registrato un calo del 3%, il valore più basso dal 2002.
Nel 2020 ogni portoghese di età superiore ai 15 anni ha consumato, in media, 51,9 litri di vino, superando gli italiani (46,6 litri di vino pro capite).
Seguono in classifica la Svizzera, con 35,7 litri, Austria (29,9 litri), Australia (27,8), Argentina (27,6), Germania (27,5), Svezia (27) e Belgio (26,9).
I paesi in cui i consumi sono diminuiti di più nell'ultimo anno rispetto al 2019 sono stati il Sudafrica e la Cina, con un calo rispettivamente del 19% e del 17%.
Fonte: https://bit.ly/3uUfiK5
(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per il Portogallo)