Notizie mercati esteri

Martedì 14 Marzo 2023

L'economia del Regno Unito ha registrato una modesta ripresa a gennaio

L'economia del Regno Unito si è ripresa a gennaio dopo un crollo prenatalizio, con una crescita dello 0,3% e un aumento nel settore dei servizi.

Nell'ultima indagine sullo stato dell’economia britannica prima del bilancio della prossima settimana, l'Office for National Statistics (ONS) ha dichiarato un ampio rilancio delle attività nei settori dell'istruzione, della salute e ricreativo. Anche l'aumento dei medici di base e di altri servizi sanitari privati ha avuto un ruolo importante, in quanto numerose persone con problemi di salute hanno potuto richiedere assistenza privatamente, evitando così le lunghe liste d'attesa del SSN.

Gli analisti avevano previsto una crescita mensile dello 0,1%, dopo una combinazione di scioperi e inflazione che avevano pesato sull'economia britannica. A dicembre si era poi registrato un crollo del PIL dello 0,5%. Gli ultimi dati dovrebbero essere d’incoraggiamento per il cancelliere Jeremy Hunt, in vista della pubblicazione del bilancio, quando illustrerà le politiche fiscali e di spesa del governo.

Gli analisti hanno tuttavia affermato che l'economia UK è ancora in ritardo rispetto ai paesi “rivali” nel G7 e il rischio di una recessione nella prima metà dell'anno è elevato.

Come riportato dall’ONS, l'economia britannica è in ritardo dello 0,2% rispetto al picco pre-pandemia.

Yael Selfin, capo economista britannico di KPMG, ha dichiarato che avere prezzi energetici all'ingrosso più bassi darebbe una spinta all'economia, "ma questo potrebbe non essere sufficiente per evitare una recessione nella prima metà dell’anno, poiché la spesa dei consumatori rimane debole con le famiglie che continuano ad essere schiacciate da prezzi elevati e dai maggiori tassi di interesse”.

La maggior parte degli analisti prevede una recessione meno profonda rispetto all'inizio dell'anno, anche se la ripresa sarà altrettanto lenta.

Darren Morgan, direttore delle statistiche economiche dell'ONS, ha dichiarato: "I principali motori della crescita di gennaio sono stati il ritorno degli studenti nelle aule, dopo le assenze insolitamente elevate nel periodo precedente al Natale, i club di calcio della Premier League sono tornati a giocare regolarmente dopo la fine della Coppa del Mondo e gli operatori sanitari privati hanno avuto un mese molto positivo. Anche i servizi postali si sono parzialmente ripresi dagli effetti degli scioperi di dicembre. Questi dati sono stati tuttavia in qualche modo controbilanciati da un notevole calo nel settore edile con un rallentamento dei progetti infrastrutturali e dell'edilizia abitativa, registrando così un altro mese negativo, in parte a causa delle forti piogge".

L'economia del Regno Unito ha evitato per un soffio di scivolare in recessione alla fine dello scorso anno, ma la Bank of England ha previsto una recessione nella prima metà di quest'anno, in parte a causa del balzo del tasso base della banca centrale al 4%.

 

Fonte: https://bit.ly/3YJRKWb

 

(Contenuto editoriale a cura di The Italian Chamber of Commerce and Industry for the United Kingdom)

 

Ultima modifica: Martedì 14 Marzo 2023
Martedì 14 Marzo 2023

Il Regno Unito sale in classifica per l’attrattività dei lavoratori stranieri altamente qualificati

Il Regno Unito ha scalato la classifica internazionale dei paesi più attraenti per i lavoratori altamente qualificati, a seguito delle modifiche al regime migratorio introdotte dopo la Brexit.

L'OCSE ha affermato che il Regno Unito ha scalato la lista riguardante l’”attrattività dei talenti" più velocemente di qualsiasi altro paese dal 2019, classificandosi tra i primi 10 davanti a Stati Uniti e appena dietro a paesi più piccoli come Australia e Nuova Zelanda, che hanno a lungo lavorato sull’immigrazione come fattore per incrementare la propria forza lavoro. Secondo l'organizzazione con sede a Parigi, la Gran Bretagna ha scalato la classifica dopo aver abolito la precedente quota di lavoratori altamente qualificati, visti i risultati molto positivi.

Il Regno Unito ha anche offerto visti post-laurea più “generosi”, consentendo agli studenti internazionali di cercare lavoro una volta terminato il proprio percorso di laurea. Allo stesso tempo, alcuni stati sono scesi in classifica, a causa di lunghi ritardi o di alte percentuali di rifiuto nelle domande per ottenere il visto e - nel caso degli studenti - di aumenti delle tasse universitarie. Questi fattori possono fare una grande differenza, in quanto i lavoratori considerati altamente qualificati sono, come riportato dall’OCSE, "sempre più in grado di scegliere il paese di destinazione migliore per sé stessi e la propria famiglia".

Il regime di migrazione post-Brexit in UK - descritto in una ricerca pubblicata questa settimana come "il più grande sconvolgimento del sistema degli ultimi 50 anni” - era destinato ad agevolare l'assunzione di lavoratori altamente qualificati da qualsiasi parte del mondo.  Il numero di migranti con un'istruzione universitaria che lavorano nel Regno Unito è raddoppiato dal 2010 raggiungendo i 3,4 milioni, e secondo Jean-Christophe Dumont, capo della migrazione internazionale presso l'OCSE, questa quota di forza lavoro è in espansione con un aumento dal 16% al 23%.

Tuttavia, il nuovo sistema di migrazione del Regno Unito offre ai datori di lavoro che in precedenza utilizzavano forza lavoro da paesi europei, scarso accesso ai visti per i lavoratori considerati meno qualificati. Dopo una forte attività di lobbying, i ministri stanno ora valutando la possibilità di allentare le norme sui visti per i ruoli di formazione intermedia nell'edilizia e in altri settori, soprattutto a causa della mancanza di manodopera post-pandemia.

Come riportato da Jean-Christophe Dumont, la creazione di percorsi di visto per i lavoratori con qualifiche di medio livello, sarebbe in linea con i cambiamenti politici di altri paesi dell'OCSE, tra cui Germania e Spagna.

Fonte: https://on.ft.com/3FjrI5k

 

(Contenuto editoriale a cura di The Italian Chamber of Commerce and Industry for the United Kingdom)

 

Ultima modifica: Martedì 14 Marzo 2023
Martedì 14 Marzo 2023

19° edizione EU-UN Procurement Seminar 2023

L’EU-UN Procurement Seminar 2023 è pronto a partire. L’evento, ormai alla sua 19° edizione, si configura come un’opportunità unica per tutte quelle aziende italiane che desiderano avvicinarsi al mondo dei rifornimenti alle Nazioni Unite.

Qualche dato statistico: L’Italia svetta nella classifica dei Paesi fornitori dell’ONU, posizionandosi al 20° posto con -al 2021- una fetta di mercato pari a 350 milioni di dollari, su un totale di circa 30 miliardi. Complessivamente, sono quasi 2mila le imprese italiane che nel corso degli anni hanno inviato forniture all’ONU. 70 di queste per volumi superiori a 1 milione di dollari.

Obiettivi: L’iniziativa si propone di offrire alle aziende italiane (ed europee) la possibilità di immergersi nel mondo del procurement onusiano, presentando alcuni approfondimenti per settore il cui scopo è esplorare le diverse opportunità in programma. In particolare, l’edizione 2023 prevede delle sessioni in materia di food (trasporti e logistica), energie rinnovabili, sicurezza -fisica e cyber-, IT, e carburanti. A corollario, sono state programmate delle presentazioni ad-hoc su Missioni di Peace-keeping, Banca Mondiale e varie Agenzie ONU.

Dove e quando: L’evento si terrà in presenza il 17 e 18 aprile 2023 presso la Bohemian National Hall di New York (321 E 73rd Street, New York, 10021). La scadenza per la registrazione delle aziende è il 17 marzo prossimo.

Per maggiori informazioni si prega di consultare la LOCANDINA in allegato e il seguente SITO WEB.

 

(Contenuto editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce)

Ultima modifica: Martedì 14 Marzo 2023
Martedì 14 Marzo 2023

La cultura del lavoro danese

Tra gli aspetti che rendono la Danimarca un Paese di particolare interesse per gli operatori business si può certamente citare la cultura del lavoro danese, particolarmente apprezzata per le sue caratteristiche di orizzontalità e flessibilità, ma spesso non del tutto compresa da chi è abituato al modello italiano, che ne è del tutto dissimile.

Uno strumento teorico che può rivelarsi particolarmente utile nel mettere in evidenza le peculiarità della workplace culture danese è la teoria delle dimensioni culturali, ideata negli anni ’60 dallo psicologo e sociologo olandese Geert Hofstede per descrivere gli effetti che la cultura di una certa società esercita sui valori dei suoi membri, il che ha chiaro rilievo per la workplace culture di un Paese. Tra le dimensioni, alcune delle più rilevanti per evidenziare la differenza con la cultura lavorativa italiana sono la “Power Distance”, la “Masculinity”, e l’“Uncertainty avoidance”.

Power distance: l’orizzontalità della gerarchia danese

Nel modello di Hofstede, la dimensione della “power distance” indica la modalità di gestione delle ineguaglianze di potere all’interno di una società: questo indice ha un punteggio più alto tanto più i membri di una società si aspettano che il potere sia distribuito in maniera ineguale e accettano lo status quo.

In questo senso, la Danimarca vanta un punteggio estremamente basso nella scala di Hofstede: questo indica che l’ambiente di lavoro danese vanta un’atmosfera informale ed egualitaria, dove la gestione del potere è decentralizzata; la comunicazione è diretta e ci si riferisce a ciascuno (anche ai dirigenti) con il nome proprio. Nell’ambiente di lavoro danese si attribuisce molta importanza al lavoro collettivo, in seno al quale ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo individuale, valorizzando l’autonomia e la proattività del singolo dipendente.

In questo, la Danimarca si discosta notevolmente dal modello italiano che si caratterizza per una maggiore rigidità della catena di comando e un maggiore controllo dei manager sui loro sottoposti.

Masculinity: l’importanza del work-life balance

Il termine “masculinity” viene impiegato da Hofstede per definire la condivisione, da parte dei membri di una società, di un sistema valoriale che incoraggia la ricerca del successo personale; il suo contrario, la “femininity”, indica invece la ricerca di equilibrio tra vita lavorativa e privata, ed in particolare la ricerca di un lavoro che gratifichi non solo dal punto di vista del “successo” personale che comporta, ma anche e soprattutto per il piacere che si prova quotidianamente nel farlo.

La società danese si caratterizza come fortemente “feminine”, e dunque orientata alla ricerca di equilibrio tra qualità del lavoro e qualità di vita: questo porta a risolvere le conflittualità tramite compromesso e decisione per unanimità e a garantire un orario di lavoro flessibile che garantisca adeguato tempo libero ad ogni dipendente. Il grado di flessibilità delle ore lavorative deriva dalla fiducia che il datore di lavoro nutre nei confronti del dipendente.

Uncertainty avoidance: flessibilità e capacità di gestione dell’incertezza

 La dimensione della “Uncertainty avoidance” inquadra il grado in cui una società tenta di controllare il futuro, al fine di evitare situazioni nuove e ambigue. In questo ambito, Hofstede classifica i danesi come particolarmente flessibili, predisposti ad affrontare con serenità le incertezze e gli imprevisti in ambito lavorativo grazie anche al fatto che la curiosità e il problem-solving vengono incoraggiate dal metodo pedagogico dell’istruzione danese.

In Italia, al contrario, Hofstede rileva un alto grado di “Uncertainty avoidance”, il che indica l’alto grado di formalità della società italiana, che si rispecchia anche nella complessa architettura burocratica del Paese.

Fonte: https://bit.ly/3YOdb8t

 

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca

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Giovedì 9 Marzo 2023

Tradizionale appuntamento con le energie rinnovabili: ultimo rapporto della “European Wind Statistics and 2023-2027 Outlook” a cura di Wind Europe

La Turchia rafforza la sua posizione nel panorama dell’energia eolica, collocandosi al 6° posto in Europa per capacità di potenza installata, secondo il rapporto "2022 European Wind Statistics and 2023-2027 Outlook" dell'Associazione europea per l'energia eolica, WindEurope.

Il rapporto rivela che la Turchia ha aggiunto 867 megawatt di capacità eolica nel 2022, portando la sua potenza totale installata a 11.969 megawatt, in aumento rispetto alla classifica del 2021. Il rapporto mostra, inoltre, che cinque Paesi (Germania, Spagna, Regno Unito, Francia e Svezia) rappresentano un terzo della potenza totale installata in Europa per un totale di 254.788 megawatt. La Germania ha la più alta capacità di energia eolica installata con 66.322 megawatt. Precedono la Turchia anche Spagna con 29.798 megawatt, Regno Unito con 28.499 megawatt, Francia con 21.135 megawatt e Svezia con 14.585 megawatt. La Turchia precede invece l’Italia che si colloca la 6° posto in Europa.

La Turchia ha previsto di installare nel quinquennio 2023-2027 ulteriori 8,2 GW, tutti onshore.
Il “wind energy target” della Turchia è di 18,1 GW entro il 2030 e 29,6 GW entro il 2035.

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)

Ultima modifica: Giovedì 9 Marzo 2023
Giovedì 9 Marzo 2023

Il commercio estero della Turchia nel rapporto di TÜİK e del Ministero del Commercio

Secondo i dati diffusi da “TurkStat” in collaborazione con il Ministero del Commercio, nel mese di gennaio 2023, su base annua, le esportazioni sono state pari a 19,4 miliardi di dollari con un incremento del 10,3% sull’analogo mese del 2022; l’import cresce invece del 20,7% attestandosi a 33,6 miliardi. Le vendite turche sono state nel mese in osservazione pari 18,2 miliardi (+8,4% sul 2022) mentre gli acquisti sono ammontati a 19,9 miliardi (+8,1% sul mese di gennaio 2022). Il deficit commerciale (energia e oro esclusi) si è attestato a poco meno di 2 miliardi di dollari, con un rapporto percentuale di copertura delle esportazioni sulle importazioni del 91%.

Se scorporiamo la voce fabbisogno energetico e oro, nel mese di gennaio 2023 la bilancia commerciale ha segnato un disavanzo commerciale pari al 38,4% sull’analogo mese di gennaio 2022, attestandosi a 14,2 miliardi di dollari ed il rapporto di copertura dell’export sull’import scende al 57,6% dal 63% di un anno fa.

A livello geografico, nel mese di gennaio 2023, il principale mercato di sbocco delle merci turche è stato quello tedesco (1,8 miliardi di dollari), seguito da quello statunitense (1,2 miliardi), della Federazione Russa (1,04 miliardi), del Regno Unito (954 milioni) d dell’Italia con 916 milioni di dollari di merci e servizi acquistati. Tra i principali fornitori, la Federazione Russa si piazza al 1° posto con 5,1 miliardi di dollari, precedendo la Svizzera (4,3 miliardi), la Cina (3,6 miliardi), la Germania (1,8 miliardi) e gli USA (1,2 miliardi).

Nel 2022 le esportazioni turche erano aumentate del 12,9% rispetto all’anno precedente e si attestavano a 254,2 miliardi di dollari rispetto ai 363,7 miliardi di import (+34% sul 2021). Il deficit commerciale alla fine dell’anno scorso era stato pari a 109,5 miliardi di dollari con un incremento sul 2021 del 137% mentre il grado di copertura percentuale del rapporto export/import era diminuito dall’83% del 2021 al 69,9% del 2022. Un disavanzo commerciale appesantito dall’import di energia (22%), dalle importazioni di oro non lavorato, e di macchinari e macchine elettriche.

I recenti terremoti che hanno colpito 11 province nella sud-est della Turchia, che rappresentano l'8,6% delle esportazioni della Turchia, hanno avuto un impatto negativo sull’export nel mese di febbraio 2023: secondo i dati preliminari pubblicati i primi giorni di marzo da TİM, le esportazioni sono diminuite del 6,4% per un totale di 18,6 miliardi di dollari. Sulla base dei dati forniti dalle dogane turche, l’impatto negativo sull’export è stato evidentemente molto più pronunciato nei distretti direttamente colpiti dai sismi (Adıyaman, Hatay, Kahramanmaraş e Malatya).

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)

 

Ultima modifica: Giovedì 9 Marzo 2023
Giovedì 9 Marzo 2023

Aggiornamento al 13 febbraio 2023 dei flussi in entrata degli investimenti esteri in Turchia

I dati i più aggiornati sui flussi di IDE in Turchia, pubblicati lo scorso 13 febbraio dall’Associazione non governativa degli Investitori Internazionali nel Paese (YASED), indicano che nel 2022 gli IDE totali sono stati pari a 13 miliardi di dollari tra “equity capital” (6,5 miliardi di dollari), ricavi provenienti dalle vendite delle proprietà immobiliari (6,3 miliardi) e 0,8 miliardi per strumenti di debito (ossia crediti e depositi commerciali, sottoscrizioni di titoli obbligazionari e prestiti). I disinvestimenti segnano invece il livello più basso degli IDE e si attestano a 0,6 miliardi di dollari.

Nello specifico, nel mese di dicembre 2022, lo stock di investimenti in entrata si è attestato a circa 1 miliardo di dollari. I saldi negativi degli IDE hanno rappresentato nel il 27% del deficit del conto corrente su 12 mesi. Nel complesso, il 2022 ha registrato un -2,4% rispetto al 2021 nonostante i buoni risultati degli IDE cd “greenfield”.

Nel 2022, il settore “servizi”, in particolare bancario e assicurativo, hanno fornito il più grande contributo agli IDE in entrata nel 2022 (28% del totale), seguito da quello delle “vendite all’ingrosso e commercio al dettaglio” (25%) mentre a distanza, al terzo posto, si è piazzato il settore manifatturiero e del “food & beverage e tobacco”.

Nel 2022, sono ancora una volta i Paesi dell’Unione Europea più il Regno Unito i più importanti investitori in Turchia, detenendo la quota di maggioranza pari al 70% degli IDE totali in entrata nel Paese, registrando una crescita del 12%. Il blocco UE più Regno Unito è seguito dagli altri Paesi dell’Europa (+7%) grazie anche alla eccezionale performance della Svizzera (+9%), da quelli dell’Asia orientale, delle Americhe e del Medio Oriente.

A livello di Paesi, nel rank riferito al 2022, l’Italia si piazza alla nona posizione con una quota del 4% dopo aver ricoperto le prime 4 posizioni nel corso dell’anno a seguito delle acquisizioni di quote e fusioni di primarie aziende turche. La Spagna che ha grandi investimenti anche nel settore bancario (Garanti Bank BBVA), consolida la prima posizione con un incremento del 19% e 1,6 miliardi di dollari, seguita da Olanda (13%), Svizzera (11%), e Germania (11%).

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)

Ultima modifica: Giovedì 9 Marzo 2023
Giovedì 9 Marzo 2023

Le relazioni commerciali tra Italia e Turchia nel 2022

Secondo i dati diffusi dall’Agenzia ICE di Istanbul, nel 2022 - rispetto all’anno precedente - il commercio estero con la Turchia segna un aumento del 14,8% che colloca il l’Italia al 5° posto tra i maggior partner commerciali con 26,4 miliardi di interscambio totale ed una quota del 3,9% sul totale importato dalla Turchia. L’Italia in ambito UE si piazza al secondo posto preceduta dalla Germania (45,2 miliardi di merci e servizi venduti) e prima della Francia mentre nell’area del Mediterraneo è il primo partner commerciale della Turchia.

Nel 2022, le esportazioni italiane hanno raggiunto i 14,1 miliardi dollari con un incremento dell’export in valore del 21,8% rispetto al 2021 collocando il nostro Paese al 6° posto tra i principali fornitori della Turchia preceduta da Russia, Cina. Germania, e Svizzera, che ha scavalcato gli Stati Uniti al 5° posto.

Si mantiene invece stabile quale 5° cliente dopo Germania, Svizzera, Stati Uniti Iraq e Regno Unito con 12,3 miliardi di beni acquistati con un incremento dell’import in valore del 7,7% rispetto al 2021.

Dopo un primo semestre del 2022 che aveva visto distribuire equamente vendite e acquisti tra i due Paesi con un saldo pressoché equilibrato, il 2022 ha registrato un saldo negativo per la Turchia di 1,7 miliardi in forte aumento rispetto al 2021.

La dinamica dell’export italiano nel 2022 è stata trainata dalle vendite di combustibili e oli minerali (+109,4% rispetto al 2021) e da quelle della voce merceologica “metalli e pietre preziose” (+191,7%) e, in misura meno marcata, dalle nostre esportazioni di ferro e acciaio (+47,2%). È risultato in calo solo l’export di prodotti farmaceutici (-9,7%). In termini assoluti, le principali voci del nostro export nel periodo in osservazione restano quelle tradizionali dei “macchinari e apparecchiature meccaniche” che hanno superato per la prima volta la soglia dei 3 miliardi di dollari.

Nel confronto con i principali partner commerciali europei, nel 2022 si rileva ancora una crescita delle esportazioni dell’Italia (+21,8%) nettamente superiore agli incrementi registrati dalla Germania (+8,4%) e dal Regno Unito (solo un +1,3%), mentre la Francia ha fatto registrare un +16,7% rispetto al 2021. In ambito Ue, come detto, l’Italia è seconda solo alla Germania (45,7 miliardi di dollari) e si posiziona prima di Francia (20 miliardi di dollari) e Spagna (16,1 miliardi di dollari), guadagnando quote nei confronti dei nostri tre principali concorrenti.

La dinamica dell’export turco fa invece registrare nel 2022 un +209,5% negli acquisti italiani di combustibili e oli minerali – triplicati rispetto allo scorso anno con quasi mezzo miliardo di dollari - mentre la prima voce dell’import italiano resta quella degli “autoveicoli, trattori e parti di ricambio” con oltre 2 miliardi di euro.

Tra gli incrementi maggiori delle esportazioni della Turchia nel 2022 si segnala l’aumento fatto registrare verso la Federazione Russa (+62%) e la Romania (+34,3%) mentre la dinamica dell’import turco segna, tra i più cospicui aumenti, un +402% dalla Svizzera, +103% dalla Federazione Russa (frutto principalmente delle importazioni energetiche) e +83% dagli EAU.

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)

Ultima modifica: Giovedì 9 Marzo 2023
Giovedì 9 Marzo 2023

Lettera aperta dell’Ambasciatore d’Italia in Turchia, Giorgio Marrapodi, ai lettori delle Cronache Economiche

Nelle ultime drammatiche settimane ci siamo tutti raccolti intorno al popolo turco colpito duramente dai sismi del 6 febbraio scorso che, con violenza inaudita, si sono abbattuti nel sud-est del Paese, colpendo duramente ben 11 Province. Questo contesto, già di per sé drammatico, appare ulteriormente aggravato da un intenso e continuo sciame sismico che continua a porre la popolazione in loco sotto forte pressione.

L’Italia, che ha purtroppo vissuto sulla propria pelle tragedie analoghe anche nel recente passato, si è subito messa al fianco della Turchia e, fin dalle primissime ore, sono giunte le manifestazioni di solidarietà da tutte le più alte cariche dello Stato. Allo stesso tempo sono scattati i meccanismi di soccorso per fare ogni possibile sforzo per assistere la popolazione. Le squadre della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco e della Guardia di Finanza giunte dal nostro Paese sono state in grado di estrarre dalle macerie persone ancora vive e diversi corpi, purtroppo senza vita, da poter restituire alle famiglie, tra cui quelle di sette nostri connazionali. L’ospedale da campo italiano messo a disposizione dalla Protezione Civile attraverso la Regione Piemonte, giunto il 14 febbraio al porto di Iskenderun a bordo della nave militare “San Marco” e allestito nei giorni successivi presso il villaggio di Defne a pochi chilometri dalla città di Antakya, ha finora soccorso oltre 2000 persone e assistito circa 20 partorienti. Sabato scorso 4 marzo l’ospedale è stato donato al Governo turco e in questi giorni è in corso il passaggio di consegne dai medici italiani ai loro colleghi turchi.

Anche il settore privato italiano ha subito mostrato la propria vicinanza. Diverse ONG e molte aziende italiane ma anche semplici cittadini si sono rapidamente messi in moto, ciascuno con le proprie disponibilità, con l’obiettivo di tendere una mano alla Turchia nelle primissime e più drammatiche fasi dell’emergenza. In tanti hanno poi contribuito in maniera diretta a sostenere le attività di soccorso nelle zone colpite, in una vera e propria “spirale di solidarietà”.

Sarebbe per me impossibile ringraziare in questa sede uno per uno tutti coloro che hanno preso parte a questa splendida gara di solidarietà, siete troppi e rischierei certamente di tralasciare qualcuno. Posso però assicurarvi che la determinazione con la quale il “Sistema Italia” ha agito in pronta assistenza alla Turchia, è stata un’ulteriore affermazione dell’amicizia che ci lega alla Turchia, e come tale è stata qui percepita, ponendo un ulteriore tassello nel consolidamento di un rapporto bilaterale già molto positivo.

Grazie a tutti per quello che avete fatto!

Giorgio Marrapodi, Ambasciatore d’Italia in Turchia

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia)

 

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Giovedì 9 Marzo 2023

Rep. Ceca - Il deficit ha raggiunto in febbraio 120 miliardi di corone

Il deficit della pubblica amministrazione ceca è salito in febbraio a 120 miliardi di corone, il dato più alto mai registrato negli ultimi anni.

L’andamento è stato fortemente influenzato dalla spesa corrente, che ha registrato una crescita di quasi 82 miliardi di corone. Lo Stato ha registrato uscite maggiori per i provvedimenti sociali e per le misure contro il caro energia. Aumentano tuttavia anche i trasferimenti per gli investimenti.

Sul lato delle entrate, lo Stato non ha ancora ricevuto cifre significative da provvedimenti straordinari come la windfall tax. Complessivamente, le entrate sono aumentate di quasi il 10% grazie a maggiori gettiti dei contributi, dell’IVA e dell’imposta sul reddito.

 

Fonte: https://bit.ly/3SXyBPk

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)

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