Notizie mercati esteri

Venerdì 15 Aprile 2022

Interscambio commerciale tra Italia e Turchia e tra Ue e Turchia all’inizio del 2022

L’Italia si posiziona quale 5° partner commerciale della Turchia con 1,8 miliardi di interscambio totale (+16,8%) rispetto al 2021, di cui 768 milioni di importazioni (14,5%) e 1.025,3 milioni di esportazioni (18,6%) e un saldo positivo per la Turchia di 256,3 milioni di USD. Nel mese in considerazione, gennaio 2022, l’Italia si conferma dunque quinto fornitore della Turchia dopo Russia, Cina, Germania, Stati Uniti, e il terzo cliente dopo Germania e Stati Uniti. I settori più interessanti degli scambi commerciali con la Turchia sono quelli dei macchinari e delle apparecchiature, degli autoveicoli e dell’industria chimica.

Nello stesso periodo, sempre dalle elaborazioni dell’ICE-Agenzia su dati TUIK (Istituto turco di statistica), nei confronti dell’Unione Europea, principale partner commerciale della Turchia - con il 30,0% dell’interscambio totale - si è passati da 12,2 miliardi di dollari a 13,6 miliardi. Le importazioni dalla UE sono passate da 5,7 miliardi a 6,3 miliardi (9,6%), mentre le esportazioni verso la UE sono aumentate del 13,7%, passando da 6,4 a 7,3 miliardi di dollari. Complessivamente l’interscambio Turchia/UE è aumentato nel mese di gennaio del 11,8% passando da 12,2 miliardi del 2021 a 13,6 miliardi di dollari registrati nell’anno 2022.

La graduatoria generale per singoli Paesi colloca invece al primo posto la Russia con 5,1 miliardi di dollari di interscambio (132,0% rispetto al 2021), di cui 4,6 miliardi di importazioni (153,8%) tra cui prevalentemente energia e 419 milioni di esportazioni (18,8%) con un saldo negativo per la Turchia di 4,2 miliardi di dollari; al secondo posto la Cina, con 3,4 miliardi di interscambio (38,1%), di cui 3,1 miliardi di import (40,8%) e 279,3 milioni di export (14,2%) e un saldo negativo per la Turchia di 2,8 miliardi di dollari.

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)

 

Ultima modifica: Mercoledì 20 Aprile 2022
Venerdì 15 Aprile 2022

Amazon aprirà il suo primo centro logistico in Turchia

Sono previsti oltre diecimila di posti di lavoro nel nuovo hub logistico di Amazon in Turchia per un investimento di oltre 100 milioni di dollari. Lo ha reso noto nello scorso mese di marzo il colosso statunitense dell'e-commerce nel tentativo di supportare la crescente domanda delle aziende turche impegnate a soddisfare una domanda interna che è aumentata vertiginosamente negli ultimi due anni.

I servizi di Amazon in Turchia, con un proprio dominio, erano stati lanciati nel 2018 ma senza una base logistica nel Paese. Ora invece, grazie a questo importante investimento, verrà allestita un centro logistico nel distretto di Tuzla non lontano da Istanbul. Entusiasta il Direttore della Presidenza dell’Ufficio per gli Investimenti in Turchia, Ahmet Burak Dağlıoğlu, che ha sottolineato come la Turchia stia diventando sempre più un hub a livello regionale con facilitazioni di accesso agli investitori internazionali tra le più competitive in particolar modo rivolte alla ricerca e sviluppo (R&S). Fiducioso anche l’italiano Stefano Perego, Vicepresidente delle operazioni Amazon per l’Unione Europea, il quale ha affermato che con l’apertura di questa prima base logistica si è voluta offrire una totale fiducia al mercato turco.

L’operazione è molto importante per l'ulteriore rafforzamento del settore dell'e-commerce turco che ha guadagnando grande slancio negli ultimi anni, nel mercato interno e in quello dei mercati di esportazione grazie anche ad un ecosistema delle startup ad esso collegato in continua crescita. L’hub tecnologico di Istanbul, tra i primi in Europa come numero di startup nate nel settore dell’e-commerce, è oggi valutato in quasi 5 miliardi di dollari dall’IPO del NASDAQ. La Turchia annovera inoltre nel suo ecosistema di startup legate all’e-commerce anche diversi “unicorni” come Getir ed HepsiBurada (la risposta turca ad Amazon). 

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)

 

Ultima modifica: Mercoledì 20 Aprile 2022
Venerdì 15 Aprile 2022

"Near-shoring" in Turchia

Le difficoltà di approvvigionamenti durante la pandemia da COVID-19 avevano spinto molte imprese ad avviare ad un “ripensamento” delle proprie supply chains riposizionandosi anche in Turchia, uno dei mercati privilegiati scelti da diversi colossi internazionali e soprattutto europei (Ikea, Boehring, Daikin, DW Reusable, Etap, ad esempio). In tale ottica, dopo la pandemia, la Turchia rappresenta una alternativa sempre più valida ai mercati dell’Estremo Oriente offrendo infrastrutture logistiche all’avanguardia, costi ridotti, fiscalità agevolata con un tessuto manifatturiero ed industriale solido e competitivo.

A seguito del conflitto russo-ucraina la Turchia si sta proponendo sempre più anche come importante “hub” energetico strategico per l'Europa.

Un recente rapporto della fondazione tedesca “Konrad Adenauer” suggerisce ad esempio una maggiore cooperazione tra Berlino e Ankara per affrontare i problemi energetici e le sfide legate alla sicurezza alla luce del conflitto. In termini di diversificazione della politica energetica della Germania, ci sono alternative alla Federazione Russa ma limitate nel breve periodo, si legge nel rapporto, che sottolinea poi come la Turchia possa offrire "alternative reali" come hub energetico strategico per l'Europa per far transitare il gas naturale dal bacino del Caspio, dall'Asia centrale, dal Medio Oriente e dal bacino del Mediterraneo orientale. Secondo il rapporto, infatti, il gas naturale ed il petrolio iraniani, ad esempio, possono essere trasportati anche attraverso la Turchia. Il rapporto rileva anche l’importante rilancio delle relazioni commerciali con Israele che potrebbero accrescere la cooperazione in materia di energia.  

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)

Ultima modifica: Mercoledì 20 Aprile 2022
Venerdì 15 Aprile 2022

Turismo: in Turchia quasi 30 milioni di presenze straniere nel 2021

Dopo l’ottima performance fatta registrare lo scorso anno il flusso turistico in entrata nel Paese, conflitto permettendo, potrebbe avvicinarsi nell’anno in corso ai 40 milioni di turisti che rappresenterebbero una quota pari a quasi il 13% del PIL. Nel frattempo, i dati diffusi ad inizio aprile da un rapporto dell'Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO), collocano nel 2021 la Turchia al 4 ° posto nella lista del turismo mondiale con 29,9 milioni di presenze straniere nel 2021, prima di Paesi quali Italia (26,3 milioni), USA (22,1 milioni) e Grecia con 14,7 milioni di turisti e preceduta da Francia (40 milioni), Messico (31,9 milioni) e Spagna con 31,2 milioni di turisti. In fondo alla “top 10” si piazzano la Germania, nona, con 11,7 milioni di e la Croazia (10,6 milioni di visitatori.

Sempre secondo il report diffuso dall’UWTO, sono stati 421 milioni le persone che hanno viaggiato nel 2019 un risultato su cui ha influito pesantemente la pandemia da Covid-19 che ha impedito a circa 1 miliardo di turisti di viaggiare. Secondo il Direttore dell'agenzia di stampa turca Demirören, Recep Yavuz, il successo della Turchia è stato trainato dalle presenze ad Istanbul e in tutta la provincia meridionale di Antalya, tra le mete più gettonate insieme alla regione Egea. L’invasione russa in Ucraina potrebbe avere ripercussioni per la Turchia che nel 2021 ha ospitato quasi 5 milioni di turisti russi e oltre 2 milioni di turisti ucraini (rispettivamente primo e quarto Paese per numero di presenze in Turchia).

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio e Industria Italiana in Turchia e della Camera di Commercio Italiana di Izmir)

 

Ultima modifica: Mercoledì 20 Aprile 2022
Martedì 5 Aprile 2022

PIL, Tasso di Occupazione ed Import/Export: Germania e Italia a confronto

L’economia tedesca ha risentito più di altri paesi UE degli effetti della quarta ondata di Coronavirus e dei persistenti colli di bottiglia nella catena di approvvigionamento. Secondo quanto riportato dall’Ufficio Tedesco per la Statistica (DESTATIS), il PIL tedesco del 4 trimestre 2021, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, ha registrato un -1,1% rispetto al 4 trimestre del 2019. In Italia invece il 4 trimestre 2021 si è concluso con un aumento del 0,6% del PIL rispetto ai 3 mesi precedenti e con +6,4% rispetto allo stesso periodo del 2020.

In Germania si configura uno scenario simile anche sul fronte del tasso di occupazione, che, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, nel 4 trimestre 2021 ha registrato un -0,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. Questo dato negativo è da imputare per lo più ad un calo delle persone che esercitano un’attività minore, mentre il numero di dipendenti soggetti all’obbligo assicurativo ha già raggiunto i livelli pre-crisi. Anche sul fronte del tasso di occupazione l’Italia registra un dato migliore rispetto alla Germania. Secondo l’ISTAT, infatti, nel 4 trimestre 2021 l’input di lavoro, misurato dalle ore lavorate, è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 6,2% rispetto al 4 trimestre 2020.

Entrambi i paesi hanno assistito ad un calo della spesa privata per i consumi nell’ultimo trimestre del 2021, con la Germania che ha registrato un calo del 3,8% e l’Italia un calo del 3,3%.   Si è osservato invece un incremento della spesa pubblica per i consumi, che in Germania e in Italia è aumentata rispettivamente del 6,3% e del 2,6% in confronto ai livelli pre-crisi.

In linea con gli altri paesi UE, anche in Germania nel 4 trimestre 2021 si è verificato un aumento delle esportazioni rispetto al periodo pre-crisi, con un +2,3%, che rimane però al di sotto della media europea. Si posiziona invece sopra la media europea il risultato raggiunto nello stesso periodo dalle importazioni, corrispondente ad un +2,9%. Anche in Italia il quarto trimestre 2021 è stato caratterizzato da una crescita congiunturale delle esportazioni, sebbene con intensità diverse per ripartizioni territoriali: +8,8% per il Sud e Isole, +5,2% per il Centro, +3,6% per il Nord-est e +0,8% per il Nord-ovest. Secondo dati ISTAT, nell’ultimo trimestre del 2021 e rispetto al precedente trimestre l’export italiano ha registrato una crescita del 2,4% e l’import del 7,5%. Ancora una volta la Germania si conferma il paese UE verso cui l’Italia esporta di più, con un aumento delle vendite della Lombardia verso il paese centro-europeo del 22,9%.

Fonti: https://bit.ly/35I3eUR; https://bit.ly/36SrioG; https://bit.ly/3x78QTY; https://bit.ly/3r3wkW2; https://bit.ly/3JiKBEQ     

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Germania)

 

Ultima modifica: Martedì 5 Aprile 2022
Martedì 5 Aprile 2022

Svizzera: previsto aumento dell'inflazione e calo della crescita

In Svizzera si prevede un aumento dell'inflazione e un rallentamento della crescita economica.
Queste sono le indicazioni che emergono dal sondaggio Consensus Forecast (giunto alla 105esima edizione), del Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo (KOF). Nel 2022 il rincaro dovrebbe raggiungere il 2%, a fronte dell'1% previsto da un rilevamento fatto in dicembre (complice i prezzi dell'energia saliti alle stelle).
Sul fronte della disoccupazione, le previsioni per il 2022 restano sostanzialmente immutate, ovvero la quota di senza lavoro dovrebbe attestarsi attorno al 2,4%. Un valore leggermente inferiore (dello 0,1%) rispetto alle previsioni fatte tre mesi fa. Per il 2023 (2,3%) e il 2024 (2,4%) il mercato del lavoro dovrebbe restare stabile.
Il prodotto interno lordo (Pil) elvetico salirà quest’anno del 2,5%, leggermente meno di quanto previsto tre mesi fa (2,8%). Nel 2023 il Pil dovrebbe crescere dell’1,7%. Si tratta però di una prima stima. Sempre secondo i 18 specialisti interrogati dal KOF, il corso franco/euro si situerà a 1,03 fra tre mesi e dovrebbe restare immutato fino alla fine dell’anno.

Fonte: http://www.ccis.ch/it/news.aspx?id=1501

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)

Ultima modifica: Martedì 5 Aprile 2022
Martedì 5 Aprile 2022

Mercato energetico del gas: il tentativo tedesco di diversificare le fonti di approvvigionamento

La costante minaccia russa di interrompere le forniture di gas all’Europa ha portato molti paesi europei - Germania compresa - ad accelerare la ricerca di fonti energetiche alternative al gas russo, che costituisce il 55% delle importazioni di gas in Germania. L’attenzione del governo tedesco è caduta inevitabilmente sul Qatar, che si posiziona attualmente come terzo produttore di gas naturale al mondo, con ben 177 miliardi di m3 di gas all’anno e come uno dei maggiori esportatori di gas naturale liquefatto a livello globale.

Il ministro tedesco dell’economia Robert Habeck si è dunque recentemente recato nell’emirato del golfo persico per gettare le basi per una partnership energetica proiettata sul lungo periodo. Il ministro Habeck è stato accompagnato a Doha da una folta delegazione che comprendeva anche l’AD del gruppo siderurgico Thyssenkrupp Martina Merz e l’AD della compagnia elettrica RWE Markus Krebber. Lo stesso Krebber ha affermato che Doha e in generale il Qatar rappresentano una realtà estremamente importante nel mercato dell’approvvigionamento energetico per l’Europa.

In preparazione alla visita a Doha Habeck aveva già avuto un colloquio con il suo omologo qatariota. Tra i temi toccati nell’incontro ricordiamo l’ampliamento delle energie rinnovabili nell’ottica di utilizzare le risorse naturali disponibili nel modo più efficiente possibile. Un ulteriore punto trattato è stato l’avvio di forniture di idrogeno, su cui il mercato energetico sta scommettendo sempre di più per limitare la dipendenza energetica dal gas russo e allo stesso tempo accelerare la transizione verso un’economia a impatto climatico zero. Durante i vari colloqui Habeck ha inoltre sottolineato la necessità di garantire standard lavorativi migliori e tutelare maggiormente i diritti umani in Qatar, affermando che ciò sarebbe al contempo un valore aggiunto dal punto di vista economico e raccogliendo il consenso del ministro dell’economia qatariota.

Oltre all’emiro, il ministro Habeck ha incontrato anche i ministri degli esteri e delle politiche energetiche. Al fine di stipulare una partnership energetica con l’emirato, la Germania dovrebbe costruire dei terminali GNL nella zona di Brunsbüttel, nello Schleswig-Holstein. Al termine dei colloqui Habeck ha comunicato che la partnership energetica dei due paesi è quasi in dirittura di arrivo e che le aziende della delegazione tedesca hanno già avviato le trattative con le loro controparti qatariote.

Già a febbraio l’emiro del Qatar Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani aveva manifestato l’intenzione di voler raddoppiare l’estrazione di gas, incrementando anche la capacità di produzione di GNL da 77 milioni di tonnellate all'anno a 126 milioni di tonnellate all'anno entro il 2027, operazione che dovrebbe costare circa 51 miliardi di dollari.

La visita del ministro Habeck si inserisce su una scia di visite di ministri di paesi UE a paesi che rappresentano attori chiave nel mercato energetico del gas. Lo stesso ministro italiano degli affari esteri di Maio si era recato prima in Algeria e poi ai primi di marzo proprio a Doha, per stipulare un accordo per incrementare le forniture di gas all’Italia. Il Qatar è per l’Italia al momento il terzo importatore di gas naturale- dopo Russia e Algeria- e il primo di gas naturale liquefatto, per una fornitura di 6,9 miliardi di metri cubi all’anni che corrisponde quasi al 10% del totale delle importazioni, contro il 40% del gas russo.

Fonti: https://bit.ly/37df5KV; https://bit.ly/3DJuSNH; https://bit.ly/3x5Ot9r   

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Germania)

Ultima modifica: Venerdì 6 Maggio 2022
Martedì 5 Aprile 2022

Nel 2020 in Svizzera il salario mediano ammontava a 6665 franchi

Tra il 2008 e il 2020, le differenze tra il vertice e la base della piramide dei salari sono rimaste complessivamente stabili. Il panorama salariale svizzero continua a presentare grandi divari a seconda dei rami economici e delle regioni. Più di un terzo dei dipendenti in Svizzera (36,3%) riceve bonus e una persona su dieci (10,5%) percepisce un salario basso. Questo è quanto emerge dai primi risultati della rilevazione svizzera della struttura dei salari per il 2020 realizzata dall’Ufficio federale di statistica (UST).

Considerando i settori pubblico e privato nel loro insieme, nel 2020 per un posto a tempo pieno il salario mediano ammontava a 6665 franchi lordi al mese. Il 10% dei dipendenti meno remunerati ha guadagnato meno di 4382 franchi al mese, mentre il 10% meglio pagato ha percepito un salario superiore a 11’996 franchi.

Marcate differenze salariali a seconda del ramo
Nel 2020, il panorama salariale svizzero presentava disparità considerevoli a seconda dell’attività economica esercitata. Infatti, i livelli di remunerazione sono chiaramente superiori al salario mediano (6665 fr. lordi al mese) nei rami a forte valore aggiunto, quali le attività informatiche (9206 fr.), l’industria farmaceutica (10'040 fr.) o il settore bancario (10'211 fr.).
A metà della piramide dei salari si trovano rami come il trasporto terrestre (6310 fr.), la sanità (6821 fr.), l’industria meccanica (7141 fr.) e il commercio all’ingrosso (7145 fr.). Alla base della piramide troviamo, tra gli altri, il commercio al dettaglio (4997 fr.), la ristorazione (4479 fr.), i servizi di alloggio (4488 fr.) e i servizi personali (4211 fr.).

Differenze salariali relativamente stabili tra il 2008 e il 2020
Nel complesso, tra il 2008 e il 2020 la forbice generale dei salari, ovvero la differenza globale tra i salari più elevati e quelli più bassi, è rimasta relativamente stabile in tutti i settori economici. Nello stesso periodo, i salari del 10% delle persone meglio retribuite sono cresciuti dell’11,8%. Con una progressione del 9,3%, l’aumento salariale per i dipendenti appartenenti alla «classe media» è stato quello meno marcato, mentre l’aumento salariale del 10% delle persone meno retribuite si è attestato all’11,6%.

Bonus in aumento anche nel 2020
Nel 2020, oltre un dipendente su tre (il 36,3% contro il 32,8% nel 2018) ha ricevuto bonus, vale a dire pagamenti annuali irregolari in aggiunta al salario di base. Nel 2020 il valore monetario dei bonus corrisposti annualmente ha raggiunto una media di 10'142 franchi (contro i 9913 fr. del 2018).
L’ammontare dei bonus varia in modo considerevole da un ramo economico all’altro e in funzione del livello di responsabilità del dipendente nell’impresa. Per esempio, per i quadri superiori il valore monetario dei bonus raggiunge una media di 4617 franchi all’anno nell’amministrazione pubblica, di 23’097 nel commercio al dettaglio, di 90’264 nell’industria farmaceutica, di 127 329 nei servizi finanziari accessori e di 134’381 nel settore bancario. Occorre inoltre notare che anche i dipendenti che non esercitano funzioni di quadro percepiscono bonus, seppure di valore monetario medio su base annua sensibilmente più basso (3998 fr.). In buona parte dei rami economici i bonus costituiscono una componente flessibile e sempre più integrata al sistema globale di remunerazione del lavoro dipendente.

Invariata la quota dei posti a salario basso
Nel 2020, un salario basso è stato definito come un salario inferiore a 4443 franchi lordi al mese per un lavoro a tempo pieno. Si constata che in Svizzera, tra il 2018 e il 2020 la quota di posti di lavoro a salario basso, passata dal 10,6 al 10,5%, è rimasta pressoché invariata. I rami economici che presentano una quota elevata di posti a salario basso erano i seguenti: commercio al dettaglio (22,5%), confezione di articoli in pelle e simili (31,4%) e ristorazione (47,8%). Nel 2020, quasi mezzo milione di persone (491’900 contro le 480’300 nel 2018) occupa un posto a salario basso. Il 63,5% di queste erano donne.

Progressiva riduzione delle disuguaglianze di genere
Nell’economia nel suo complesso, il divario salariale globale (valore mediano) tra le donne e gli uomini si sta gradualmente riducendo: nel 2020 si attestava al 10,8% contro l’11,5% del 2018 e il 12,0% del 2016. Questa differenza di remunerazione tra i due sessi può in parte essere spiegata sia sulla base dei diversi profili strutturali (in particolare in funzione del livello di responsabilità del posto occupato), sia confrontando i tipi di attività economica esercitati.
Questo divario salariale riflette l’iniquo livello di integrazione professionale del personale di sesso femminile e di quello di sesso maschile nel mercato del lavoro. Più si sale nella posizione gerarchica, più diventa marcato il divario salariale tra i generi. Le donne che ricoprono incarichi con elevate responsabilità guadagnano 9249 franchi lordi, mentre la remunerazione dei loro colleghi maschi che occupano posti analoghi è di 11’116 franchi, il che rappresenta uno scarto del 16,8% (contro il 18,6% registrato nel 2018).
La differenza salariale a sfavore del personale femminile è meno marcata per i posti di lavoro con minori responsabilità; ammonta al 9,3% (contro il 9,4% del 2018) e scende al 6,9% (contro il 7,6% del 2018) per le donne che non ricoprono funzioni di quadro. Nel 2020, la ripartizione delle donne e degli uomini in funzione delle classi salariali dei posti occupati era la seguente: il 58,0% dei posti con un salario inferiore a 4500 franchi lordi mensili era occupato da donne (contro il 58,3% del 2018). Al contrario, l’80,2% degli impieghi con remunerazioni superiori ai 16 000 franchi lordi al mese era occupato da uomini (contro l’82,4% del 2018).

Manodopera straniera: disparità a seconda del permesso di soggiorno
Se si considera l’insieme dell’economia, si constata che il livello della remunerazione dei dipendenti di nazionalità svizzera continua a essere mediamente più elevato di quello del salario versato ai colleghi di nazionalità straniera, ovvero 6988 franchi contro 6029. Per i posti che richiedono elevate responsabilità, invece, i salari versati alla manodopera straniera sono generalmente più alti rispetto a quelli percepiti dai dipendenti di nazionalità svizzera. I frontalieri che ricoprono funzioni con elevate responsabilità guadagnano 10'692 franchi e i beneficiari di un permesso di dimora 12'268 franchi, contro i 10'346 franchi versati ai dipendenti svizzeri.
Questa situazione si capovolge se consideriamo i posti di lavoro che non comportano responsabilità gerarchiche. Con 6345 franchi, la remunerazione dei dipendenti di nazionalità svizzera senza funzioni di quadro è superiore ai salari versati alla manodopera straniera, ovvero 5773 franchi per i frontalieri e 5287 franchi per i dipendenti con un permesso di dimora.

Gerarchia salariale in funzione delle regioni: Zurigo sempre in testa
Il panorama salariale svizzero differisce significativamente anche in funzione delle aree considerate. Per gli impieghi più qualificati, i livelli di remunerazione sono di norma più elevati nella regione di Zurigo (11'475 fr.) e in quella del Lemano (11'200 fr.). Alla base della piramide regionale dei salari, invece, si trova il Ticino, dove si riscontrano i livelli di remunerazione più bassi, sia per gli impieghi più qualificati (8537 fr.), sia per quelli che esigono le qualifiche minori (5137 fr.). Questa gerarchia salariale in funzione delle regioni è dovuta alla concentrazione di rami economici a forte valore aggiunto in determinate aree geografiche, nonché alle specificità strutturali dei mercati regionali del lavoro.

Fonte: http://www.ccis.ch/it/news.aspx?id=1500

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)

Ultima modifica: Martedì 5 Aprile 2022
Martedì 5 Aprile 2022

Danimarca - Copenhagen ad emissioni zero entro il 2025: il piano per il consumo energetico

Il Piano Climatico Copenhagen 2025. Il 23 agosto 2012 è stato adottato il Piano Climatico Copenhagen 2025 (Climate Plan CPH 2025). L’obiettivo è rendere Copenhagen una città ad emissioni zero entro il 2025. La capitale danese è fortemente attiva nel contrastare il cambiamento climatico, nel rispetto dell’ambiente e attraverso l'utilizzo di soluzioni innovative e sostenibili. L'amministrazione di Copenaghen mira a combinare crescita e sviluppo verdi e allo stesso tempo a ridurre le emissioni di CO2. 

Suddiviso in 3 diverse fasi, il piano è ora giunto alla terza ed ultima: 2021-2025. Ciascuna fase a sua volta verte su 4 pilastri divisi in: consumo energetico; produzione energetica; mobilità e iniziative dell’amministrazione comunale.

Il consumo energetico. In questo primo articolo si vuole porre l’attenzione sulla riduzione del consumo di energia. Copenhagen continua a crescere, così come il suo fabbisogno energetico. Diventa quindi necessario impegnarsi per ridurne il consumo. Infatti, se la città non riesce a diminuire i suoi consumi ora, in futuro dovrà investire in nuova capacità di produzione per soddisfare le sue esigenze. Il piano per la riduzione del consumo energetico ha i seguenti obiettivi: la riduzione del 20% del consumo di calore; del 20% dell'elettricità consumata dalle società commerciali e di servizi; del 10% del consumo energetico delle famiglie e l’installazione di moduli fotovoltaici pari all'1% del consumo di elettricità.

La riduzione del consumo energetico si basa su diverse iniziative che ambiscono alla riduzione delle emissioni di CO2 di 4.000 tonnellate entro il 2025.

L’efficienza energetica. Il programma di efficienza energetica si basa su 4 principali iniziative. La prima riguarda il funzionamento energetico delle unità di teleriscaldamento che sarà diffuso in gran parte della città entro il 2025. Il teleriscaldamento è un sistema di riscaldamento a distanza. Attraverso una rete di condutture trasporta il calore generato da grandi centrali fino alle singole strutture abitative. L’impatto ambientale è minore così come gli sprechi energetici. 

Ristrutturazione e nuove costruzioni dei locali. La città è in continuo rinnovamento urbano e con ambiziosi progetti di retrofit energetico, o riqualificazione energetica. Con il rinnovamento urbano si vuole ridurre il consumo energetico di ogni proprietà di almeno il 20-30% e aumentare il suo rating di etichettatura energetica di due categorie. La riqualificazione sarà implementata in edifici che ospitano uffici pubblici, nell'edilizia sociale e tra i proprietari privati.

Inoltre, si costruirà un dialogo con i costruttori edili e i consulenti dei clienti su come sostenere gli obiettivi di efficienza energetica della città nei nuovi edifici e nella stesura dei piani di sviluppo locale. Questo obiettivo sarà raggiunto applicando un nuovo strumento di sostenibilità nel processo di pianificazione locale e attraverso incontri di dialogo e informazione con sviluppatori e consulenti.

Piano d'azione fotovoltaico. Un altro obiettivo per il 2025 è l’implementazione di un piano d'azione fotovoltaico per fornire l'1% del consumo di base di elettricità del 2010, o 26.000 MWh. Il piano d'azione si baserà sul progetto pilota di rinnovamento urbano Solar District North-West, con l’obiettivo di installare 5 MW di capacità fotovoltaica nel solo nel distretto nord-occidentale entro il 2025.

Conversione di edifici riscaldati singolarmente a gasolio. Circa 500.000 metri quadrati a Copenhagen non sono collegati alla rete di teleriscaldamento. Un sostanziale numero di questi è riscaldato da caldaie a gasolio. Parte del Piano Climatico prevede di identificare queste proprietà e lanciare iniziative per sostenere la conversione a fonti di energia rinnovabile, al teleriscaldamento o al gas entro il 2025.

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio italiana in Danimarca)

Ultima modifica: Venerdì 20 Maggio 2022
Martedì 5 Aprile 2022

Svizzera: la BNS non cambia rotta

Nonostante l'aumento previsto dell'inflazione, la Banca Nazionale Svizzera resta ancorata ai tassi negativi introdotti nel 2015.

La Banca Nazionale Svizzera lascia invariata la sua politica monetaria espansiva, pur vedendo all'orizzonte un aumento dell'inflazione. Nell'ambito del tradizionale esame trimestrale della situazione economica e monetaria, la BNS ha deciso di mantenere fermo al -0,75% il suo tasso guida, il più basso del mondo. Sono confermati anche gli interessi negativi, pure del -0,75%, a carico delle banche che depositano il loro denaro presso l'istituto. Introdotti nel 2015, erano allora considerati una sorta di bizzarria temporanea, ma non sono più stati abbandonati e hanno prodotto un impatto considerevole, non da ultimo sull'immobiliare e sulle future pensioni.

Sulla scia degli scombussolamenti provocati dalla guerra in Ucraina la stima di crescita viene rivista al ribasso ma solo leggermente, dal 3% calcolato tre mesi fa al 2,5%. L'incertezza e i rischi sono considerati però elevati. "L'invasione russa ha accresciuto significativamente l'incertezza in tutto il mondo: in questa situazione la Banca nazionale, con la sua politica monetaria garantisce la stabilità dei prezzi e sostiene l'economia svizzera", dice l’istituto guidato da Thomas Jordan.

La banca nazionale ha anche ribadito la disponibilità a procedere a interventi sul mercato dei cambi per stabilizzare il franco, che rimane molto vicino alla parità con l'euro con conseguenti effetti negativi sulle esportazioni: giovedì mattina la moneta europea costava poco più di 1,02 franchi.

Le indicazioni non rappresentano una sorpresa: gli esperti erano unanimi nel ritenere che la BNS non avrebbe cambiato rotta. È infatti opinione largamente condivisa che prima di poter operare una stretta monetaria l'istituto debba aspettare che si muova la Banca centrale europea (BCE), i cui intendimenti non sono del tutto chiari. Intanto invece la statunitense Federal Reserve (Fed) ha già proceduto la settimana scorsa a un rialzo dei tassi (il primo dal 2018), a cui ne seguiranno altri nell'anno in corso.

La BNS può però permettersi di attendere perché il rincaro è relativamente contenuto rispetto ad altri Paesi: in febbraio era al 2,2%, contro il 5,9% dell'Eurozona e il 7,9% negli Stati Uniti. La BNS si aspetta ora che l'inflazione si fissi al 2,1% in questo 2022 e allo 0,9% nel 2023. I precedenti pronostici erano rispettivamente dell'1 e dello 0,6%. La prima valutazione per il 2024 è dello 0,9%.

Fonte: http://www.ccis.ch/it/news.aspx?id=1499

 

(Contenuto editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera)

Ultima modifica: Martedì 5 Aprile 2022