Martedì 16 Dicembre 2025
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Lo studio di ricerca Circana ha rilevato, nell’agosto 2025, un rinnovato interesse dei consumatori per i prodotti biologici, con una diminuzione dello 0,4% negli acquisti di beni di largo consumo, a fronte di un aumento dello 0,9% nelle vendite di prodotti bio.
Frank Poncet, direttore generale della catena leader dei negozi specializzati Biocoop, ha dichiarato che il mercato del biologico è passato da 5 a 12 miliardi di euro tra il 2014 e il 2024.
Secondo Worldplanet, gli esperti attribuiscono questa crescita soprattutto a un ritorno di attenzione verso il valore degli acquisti, favorito anche da una minore inflazione generale. I prezzi restano sostenuti, ma la ricerca della qualità torna a essere prioritaria.
Tra i fattori che contribuiscono a questa evoluzione si segnalano: la ristrutturazione e riorganizzazione dei marchi specializzati, la fine delle drastiche politiche di razionalizzazione nei grandi supermercati e la crescente preoccupazione dei consumatori riguardo a glifosati e pesticidi.
La strada del biologico non è tuttavia priva di ostacoli. Molti produttori si trovano ancora in una situazione economica precaria e la Francia rischia una nuova riduzione del potere d’acquisto, a causa di possibili nuove imposte che potrebbero frenare il processo di valorizzazione degli acquisti e ridurre di conseguenza l’attrattiva dei prodotti bio.
A ciò si aggiunge il fatto che il settore del biologico soffre da mesi di un progressivo disimpegno da parte delle istituzioni pubbliche.
Biocoop, in piena crescita, investe 10 milioni di euro
La cooperativa Biocoop ha registrato una crescita del 7,5% nel primo semestre dell’anno e intende sfruttare l’onda positiva che attraversa la filiera del biologico, annunciando un investimento di 10 milioni di euro per il suo sviluppo nei prossimi quattro anni.
L’obiettivo è rafforzare la propria identità e differenziarsi dai concorrenti, puntando su un livello di esigenza elevato. Biocoop detiene già una quota del 17% nel commercio equo e del 21% nei prodotti sfusi, e prevede di ampliare ulteriormente la propria offerta.
Entro la fine dell’anno, 200 dei 600 prodotti a marchio Biocoop porteranno l’etichetta governativa “Origine Info”, pensata per garantire la tracciabilità delle materie prime. La cooperativa ha inoltre escluso gli alimenti ultratrasformati dai propri prodotti a marchio e si è posta l’obiettivo che, entro il 2030, tutta la frutta e la verdura venduta — ad eccezione di quella esotica — provenga da coltivazioni francesi.
Dopo il periodo di forte inflazione, Biocoop ribadisce la necessità di rendere il biologico accessibile a tutti, conciliando qualità e prezzi equi. Parallelamente, punta ad aumentare il numero dei punti vendita da 740 a oltre 900, potenziando nel contempo i servizi di click & collect, consegna a domicilio ed e-commerce.
Mentre il settore nautico internazionale sta ritrovando slancio, in Francia, in particolare quello della grande navigazione da diporto, è in difficoltà. Nonostante l’elevato numero di yacht presenti sulle coste francesi, lungo le coste del Mediterraneo (circa 3.000 unità), pochissimi battono bandiera francese: solo 150 secondo le stime. Questo squilibrio comporta gravi conseguenze economiche, turistiche e sociali con una perdita stimata fino a circa 2 miliardi di euro all’anno.
Settembre è tradizionalmente il mese della nautica, con eventi di rilievo come il Cannes Yachting Festival, il Monaco Yacht Show e le Régates Royales di Saint-Tropez. Queste manifestazioni mettono in luce un settore che funge da indicatore dell’economia globale, generando un fatturato di circa 5,9 mld di euro nel 2025; secondo la Fédération des Industries Nautiques (FIN).
Tuttavia, dietro questa facciata positiva si cela la crisi del Registro Internazionale Francese (RIF). Uno dei problemi principali è l’incertezza giuridica legata allo status delle imbarcazioni di grande diporto. Infatti, il concetto stesso di “grande plaisance” (grande diporto) non è definito legalmente in Francia ed é sempre meno adottato a causa di una normativa poco chiara. Questo provoca ambiguità nell’applicazione del diritto del lavoro: i contratti degli equipaggi possono rientrare nel Codice dei trasporti o nel Codice del lavoro, creando un rischio di contenziosi per gli armatori.
Questa situazione rende la bandiera francese poco attrattiva rispetto ad altri paesi che offrono regimi più chiari, flessibili e vantaggiosi (come Italia, Malta o Isole Marshall). Inoltre, alcune recenti normative ambientali, come il divieto di ancoraggio per yacht oltre i 24 metri in certe zone, hanno spinto molti proprietari a preferire altre destinazioni, come i porti spagnoli o italiani.
Per risolvere la situazione, i professionisti del settore chiedono una maggiore chiarezza del quadro giuridico. Tra le proposte: il riconoscimento legale del grande diporto, l’elaborazione di una convenzione collettiva specifica per gli equipaggi e la semplificazione delle procedure di registrazione nel Registro Internazionale Francese (RIF). L’obiettivo è rendere la bandiera francese più competitiva e attrarre una quota maggiore dell’attività economica legata allo yachting internazionale e tornare a essere protagonista in un settore strategico e in crescita.
Il crollo del settore industriale registrato nel 2024, con un ritorno a un saldo netto negativo in materia di aperture di fabbriche, non si arresta. Secondo i dati raccolti dall’osservatorio Trendeo, tra gennaio e fino giugno 2025 la Francia ha assistito alla chiusura di 23 siti industriali, soprattutto nel comparto automobilistico, della stampa, dei prodotti metallici e dell’agroalimentare. Ad annunciare la loro chiusura alla fine del 2026 sono anche il fornitore di componenti automobilistici FORVIA de Massei (Orne), lo zuccherificio Ouvré a Sappes-sur-Loing e lo stabilimento Plastivaloire nella Sarthe.
Sul fronte occupazionale, tuttavia, i parametri sono ancora positivi. Se si tiene conto delle nuove assunzioni registrate nel semestre, in particolare nei settori dell’energia e in quello dei rifiuti, in forte espansione, il saldo resta pressoché in equilibrio.
Si puo’ notare come il bilancio di metà 2025 risulti comunque meno drammatico rispetto ai mesi passati, quando si contarono 35 chiusure e la distruzione di 2.154 posti di lavoro. Anche sul versante opposto si aggiunge un dato incoraggiante: l’apertura di 60 nuovi stabilimenti, contro i 40 del semestre precedente. Nonostante cio’, l’industria tradizionale resta in evidente difficoltà.
Il 2024 ha rappresentato un punto di svolta. La gigafactory McPhy Energy, dedicata agli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde e a lungo a rischio liquidazione, è stata appena rilevata dal gruppo belga John Cockerill. Allo stesso tempo, aziende come ACC e Verkor hanno ricevuto nuovi finanziamenti europei per affrontare la delicata fase di aumento della produzione.
Il dirigente di Trendeo, David Cosquer, sostiene sia difficile capire come “invertire la rotta”, dal momento che, dopo una prima fase di reindustrializzazione successiva al 2015, la Francia ha infatti chiuso il 2024 con un saldo negativo: 13 stabilimenti hanno cessato l’attività nel corso dell’anno.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Marsiglia)
Il Comitato Regionale del Turismo (CRT) ha dichiarato che l’estate 2025 è stata la migliore stagione estiva post-Covid per le strutture ricettive della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
Nonostante una lieve contrazione del 2% nel settore non commerciale (ospitalità presso amici e parenti, seconde case), il comparto alberghiero ha registrato performance molto positive: il tasso medio di occupazione ha raggiunto l’84%, in crescita rispetto al 2024, con un picco del 96% durante il weekend di Ferragosto. Anche il settore alberghiero all’aria aperta ha mostrato un andamento favorevole, con un incremento del 3% rispetto al 2022.
Secondo un’indagine condotta da Novamétrie per il CRT, l’81% degli operatori turistici ha valutato positivamente la stagione. Permangono tuttavia alcune criticità. L’inflazione persistente e le incertezze internazionali hanno inciso sui comportamenti di spesa dei turisti, che hanno scelto di contenere i costi accessori del soggiorno: molti hanno preferito pasti a domicilio o autogestiti, penalizzando di conseguenza il settore della ristorazione, oppure hanno ridotto la durata media del soggiorno.
Dopo un iniziale aumento dei prezzi, le tariffe sono state ridotte dell’11%, tornando ai livelli del 2023 e favorendo così una ripresa della domanda nel mese di agosto.
Nonostante le difficoltà, il desiderio di viaggiare e il richiamo della regione restano forti. Le prospettive per i mesi successivi sono incoraggianti: si prevede un aumento del 13% della frequentazione in inverno e del 10% nelle stagioni di primavera e autunno, trainato in particolare dalla clientela business.
Turismo d’affari, motore dell’economia regionale
Il turismo d’affari, spesso meno visibile rispetto a quello balneare, si conferma come uno dei pilastri dell’economia della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Attualmente, il 37% dei soggiorni è legato a seminari, congressi e viaggi di lavoro.
Secondo gli ultimi dati, il settore MICE (Meetings, Incentives, Conferences and Exhibitions) genera oltre 3 miliardi di euro all’anno nella regione, contribuendo in modo decisivo a stimolare il turismo nei mesi non estivi, in particolare tra settembre e novembre, quando il tasso di occupazione alberghiera raggiunge il 79%.
Il profilo economico del congressista si distingue nettamente da quello del turista tradizionale: un partecipante a un congresso spende in media 268 euro al giorno, contro i 75 euro di un visitatore classico. Solo nella città di Marsiglia, il turismo d’affari genera un indotto di circa 237 milioni di euro all’anno.
A rendere possibile questo sviluppo è un sistema di infrastrutture efficiente e capillare: la regione dispone di 4 aeroporti internazionali e 3 stazioni TGV che collegano Parigi in meno di 4 ore, oltre a 25 centri congressi e più di 400 hotel a 4 e 5 stelle, in grado di accogliere eventi di livello internazionale.
Per l’estate 2025 si temeva un rallentamento del turismo marsigliese, soprattutto dopo due eventi di grande portata come la Coppa del Mondo di rugby del 2023 e i Giochi Olimpici del 2024. Tuttavia, “Marsiglia ha continuato a cavarsela bene”. Il bilancio della stagione estiva risulta globalmente stabile, con una diminuzione delle presenze turistiche limitata al -3% rispetto al 2024 e solo -1% rispetto al 2023.
È dunque il momento di tracciare un quadro complessivo, per individuare gli aspetti da migliorare e i settori in calo.
Mentre la clientela francese si è mantenuta stabile, si registra un calo del 10% dei visitatori internazionali rispetto al 2024 (e del 9% rispetto al 2023). Le cause principali sono da ricercare nella riduzione del potere d’acquisto, un problema che tocca tutte le destinazioni turistiche e che richiede soluzioni concrete.
Secondo Maxime Tissot, la strategia più efficace sarebbe quella di attrarre una clientela con maggiore capacità di spesa, meno legata al turismo balneare estivo, in modo da garantire un flusso turistico distribuito lungo tutto l’anno e rafforzare le cosiddette “ali stagionali”.
In questa direzione si muove anche Jean-Pierre Cochet, presidente dell’Ufficio del Turismo, che punta sulla programmazione di eventi ricorrenti – culturali, gastronomici o musicali – capaci di rendere Marsiglia una città “desiderabile” anche in autunno e in inverno.
Un altro ambito da sviluppare è quello del turismo d’affari, che attualmente rappresenta solo un viaggiatore su dieci, ma che potrebbe crescere grazie alla riqualificazione del Parc Chanot, destinato a diventare un polo per congressi ed eventi professionali.
In generale, Marsiglia non necessita di ulteriori campagne promozionali estive, poiché il rischio sarebbe quello di alimentare il fenomeno del sovraffollamento turistico, poco apprezzato dai residenti.
Le crociere restano un tema controverso: da un lato portano grandi numeri, dall’altro sollevano critiche legate all’inquinamento e al sovraturismo, oltre al fatto che molti passeggeri consumano i pasti a bordo, lasciando scarsi benefici economici per i ristoratori locali.
Quest'estate, Marsiglia ha accolto 525.000 passeggeri, mantenendo il flusso dei crocieristi stabile, con un totale di 2,5 milioni di crocieristi attesi entro dicembre, come l’anno precedente. Nonostante le critiche, il porto continua a essere un punto di riferimento per le crociere, con 116 scali a luglio e agosto. L’industria ha messo in atto misure per garantire un flusso controllato: il 71% delle giornate ha visto solo una o due navi, e il 63% degli scali è avvenuto durante la settimana, riducendo la pressione sui fine settimana. Inoltre, l’80% dei passeggeri ha usato navette per muoversi all’interno del porto, limitando l'impatto sulla città.
Nel 2025, il settore punta sul lusso e sul premium, con metà delle navi che rientrano in queste categorie, e l'obiettivo di sviluppare crociere sostenibili. A partire dal 2026, Marsiglia potrebbe superare Barcellona come terzo porto del Mediterraneo, grazie anche all’introduzione del gas naturale liquefatto (GNL) e all’elettrificazione delle banchine in corso.
Tuttavia, l'incremento delle crociere non entusiasma i gruppi ambientalisti come Stop Crociere, si oppone alla costruzione di un nuovo terminal per navi da crociera di lusso al J4 di Marsiglia, denunciando l’impatto ambientale negativo del settore. La discussione è accesa, con alcuni confronti anche a livello politico, come quello tra il sindaco di Nizza e gli oppositori delle crociere. Il collettivo critica l’incoerenza tra il blocco delle crociere e lo sviluppo dell’aeroporto, e chiede un dibattito serio sul tema alle prossime elezioni comunali. Intanto, la stagione crocieristica prosegue: solo questa settimana sono previsti 19 scali a Marsiglia con oltre 46.000 passeggeri.
La città di Cannes ha deciso di limitare la presenza delle grandi navi da crociera all’interno della propria baia. A partire dal 2026, sarà autorizzato l’attracco di una sola nave di grande capacità al giorno (più di 300 passeggeri).
La misura è stata adottata attraverso un impegno contrattuale con la società che gestisce il terminal crociere, formalizzato in un contratto approvato all’unanimità dal consiglio municipale. Secondo tale accordo, il numero di scali di navi di grosse dimensioni verrà ridotto di circa il 50% già dal prossimo anno: si passerà da 34 scali nel 2026 a 31 nel 2027, con un limite massimo di 6.000 crocieristi al giorno, fino a raggiungere — entro il 2030 — una capacità massima di 1.300 passeggeri.
L’obiettivo, spiega il sindaco David Lisnard, è quello di accogliere in futuro solo navi di dimensioni più contenute, più moderne, esteticamente integrate nel paesaggio e soprattutto più rispettose dell’ambiente, in grado di generare un impatto economico reale e positivo per la città.
La decisione ha suscitato la reazione critica della CLIA, l’associazione internazionale degli operatori del settore crocieristico, che considera la misura una restrizione ingiustificata, in contrasto con la Carta per una crociera sostenibile nel Mediterraneo, firmata dalle compagnie con il Ministero dei Trasporti francese.
Dal punto di vista del Comune, invece, il turismo crocieristico di massa porta pochi benefici all’economia locale. La maggior parte dei crocieristi trascorre poco tempo in città; mentre i consumi (pasti, prodotti, servizi) avvengono principalmente a bordo delle navi, i turisti scendono a terra solo per partecipare alle escursioni.
Sulla stessa linea, il sindaco di Nizza e presidente della Metropoli Nizza Costa Azzurra ha annunciato che, a partire da luglio, nella baia saranno autorizzati massimo 65 scali all’anno, con una sola nave al giorno e una capienza massima di 2.500 passeggeri. Inoltre, solo le navi con meno di 450 passeggeri potranno attraccare direttamente al porto di Nizza.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana per la Francia di Marsiglia)
Nel documento allegato si riportano le principali fiere internazionali dedicate al settore dell'energia che si terranno in Texas e Louisiana nel primo semestre 2026.
(Contributo editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce of Texas, Inc.)
La Federal Reserve ha annunciato oggi un nuovo taglio dei tassi di interesse di 0,25 punti percentuali, portando il tasso sui fondi federali — quello applicato tra le banche per i prestiti a breve termine — in una fascia compresa tra 3,75% e 4%, in calo rispetto al precedente intervallo del 4–4,25%.
Si tratta del secondo taglio consecutivo, dopo quello di settembre, e del primo ciclo di riduzioni dal dicembre 2024, deciso in risposta ai segnali di raffreddamento del mercato del lavoro e di crescente incertezza economica.
Durante la conferenza stampa successiva alla riunione, il presidente della Fed Jerome Powell ha tuttavia lasciato intendere che la banca centrale potrebbe fermare temporaneamente i tagli nelle prossime settimane.
Con questo nuovo intervento, la Fed ha ridotto complessivamente di 50 punti base i tassi d’interesse negli ultimi due mesi. Gli analisti interpretano le parole di Powell come un segnale di prudenza, in un momento in cui la banca centrale deve bilanciare la necessità di sostenere la crescita economica con il rischio di riaccendere le pressioni inflazionistiche.
(Contributo editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce of Texas, Inc.)
Accanto ai colossi della grande distribuzione, i supermercati indipendenti statunitensi rappresentano un modello alternativo fondato su prossimità, autenticità e servizio al cliente. Si tratta di catene presenti a livello statale e regionale con un numero di negozi che varia dai tre per catena fino a più di trecento. Tra il 2012 e il 2023, le vendite del settore hanno registrato una crescita significativa, passando da 131 a 253 miliardi di dollari, e oggi le vendite derivanti dal settore della GDO indipendente rappresentano circa il 33% delle vendite complessive di generi alimentari negli Stati Uniti.
Secondo uno studio dello United States Department of Agriculture, queste imprese svolgono un ruolo fondamentale nel garantire l’accesso ai consumi alimentari in tutto il Paese, in particolare nelle aree rurali dove le grandi catene sono meno presenti. Questo legame diretto con il territorio si traduce in una costante attenzione alla qualità dei prodotti, alla sostenibilità e alla valorizzazione dei fornitori regionali, rendendoli attori chiave del mercato.
La domanda sorge spontanea: c’è spazio per prodotti italiani all’interno di tali catene? La risposta è assolutamente positiva. Questi attori sono difatti alla ricerca costante di prodotti autentici e di qualità che possano differenziarli dai grandi players nazionali. Allo stesso tempo, sono localizzati in aree dove la presenza di prodotti italiani non è ancora diffusa. Le opportunità di visibilità sono dunque enormi.
La National Grocers Association (NGA), che rappresenta il settore a livello nazionale, sottolinea come la resilienza e la capacità di innovazione dei supermercati indipendenti siano oggi più forti che mai. Attraverso iniziative di formazione, advocacy e networking, l’Associazione promuove la crescita e la competitività del comparto, creando occasioni di incontro e collaborazione tra gli operatori. In particolare, l’NGA Show riunisce ogni anno a Las Vegas retailer, grossisti, fornitori e istituzioni per discutere le sfide di un mercato in rapida evoluzione.
Ancora poco conosciuta dalle imprese italiane, la fiera costituisce per i brand alimentari del nostro paese un’opportunità strategica per ampliare la loro presenza sul mercato americano.
La Italy-America Chamber of Commerce, grazie alla partnership siglata con NGA, permette ogni anno l’accesso alla fiera in due modalità:
(Contributo editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce)
New York City continua a essere una delle destinazioni più strategiche per gli investitori immobiliari a livello globale, grazie alla sua capacità unica di coniugare stabilità economica, innovazione e attrattiva internazionale. La città, nonostante le incertezze economiche globali, ha dimostrato una straordinaria resilienza, sostenuta da settori chiave come finanza, tecnologia, media, arte e cultura. Le sue infrastrutture di livello mondiale, la rete di trasporti efficiente e la posizione strategica negli Stati Uniti contribuiscono a renderla un hub privilegiato per le imprese e un ambiente fertile per gli investimenti.
Il mercato immobiliare, in particolare, offre segnali forti di crescita e rinnovato interesse. Secondo CNBC, il segmento del lusso a Manhattan ha registrato un notevole aumento delle vendite nel primo trimestre del 2025, trainato da una domanda solida sia domestica che internazionale. Questo conferma la reputazione di New York come porto sicuro per gli investimenti di fascia alta. Parallelamente, la città si sta trasformando per rispondere alle nuove esigenze del mondo del lavoro, sempre più orientato verso modelli ibridi e sostenibili. L’iniziativa Race for Space prevede la riqualificazione di oltre 500.000 metri quadri di spazi commerciali sottoutilizzati, creando ambienti moderni, flessibili e ad alta efficienza energetica, che rappresentano una nuova frontiera per gli investimenti immobiliari. Come evidenzia anche MLS Campus, entrare oggi nel mercato immobiliare newyorkese significa accedere a un contesto globale competitivo, diversificato e in continua evoluzione, dove le opportunità di rendimento sono reali e supportate da una domanda costante.
Per gli investitori internazionali, inclusi quelli provenienti dall'Italia, New York rappresenta una porta d'ingresso per entrare in un mercato globale. La sua crescita costante e la posizione privilegiata come centro finanziario, culturale e tecnologico fanno della città una scelta ideale per chi cerca un investimento sicuro e a lungo termine. Inoltre, la diversità del mercato, che spazia dal residenziale al commerciale, offre opportunità a vari livelli, a seconda delle esigenze e degli obiettivi specifici.
Investire a New York significa non solo entrare in un mercato dinamico, ma anche sfruttare un ecosistema che promuove innovazione, networking e un costante sviluppo delle opportunità. È una città che non smette mai di evolversi e di offrire potenziale di crescita per gli investitori più lungimiranti.
(Contributo editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce)
START-UP NY è un programma promosso dallo Stato di New York con l’obiettivo di attrarre e supportare aziende innovative, incluse quelle straniere, offrendo un regime fiscale particolarmente vantaggioso per un periodo fino a dieci anni. Gestito dall’agenzia Empire State Development (ESD) in collaborazione con istituzioni accademiche locali, il programma permette alle imprese approvate di operare in specifiche zone designate come “tax-free”, spesso situate nei pressi di campus universitari pubblici.
Tra i principali benefici previsti, come riportato dal sito ufficiale dell’ESD, vi sono l’esenzione totale dall’imposta sul reddito d’impresa (Corporate Franchise Tax) per le aziende che operano interamente all’interno delle zone agevolate, l’esenzione dall’imposta personale sul reddito per i dipendenti assunti in nuove posizioni create dal progetto e l’esenzione dalle imposte sulle vendite e sull’uso di beni e servizi necessari all’attività. Sono inoltre previste esenzioni dalla Mortgage Recording Tax e dall’imposta sui trasferimenti immobiliari, oltre alla possibilità di esenzione dalla Metropolitan Commuter Transportation Mobility Tax (MCTMT) per le aziende localizzate completamente nelle aree tax-free. Questi vantaggi fiscali sono documentati anche da fonti specialistiche come Griffitts Tax e dal Dipartimento delle Entrate dello Stato di New York.
Il programma è rivolto a imprese che non competono direttamente con quelle già presenti localmente, che collaborano con almeno un’università partner del programma e che sono in grado di generare nuovi posti di lavoro netti nello Stato. I settori più interessati includono tecnologia, biotecnologie, manifattura avanzata, energia pulita, salute digitale, agroalimentare innovativo, design e ingegneria. Non sono invece ammesse aziende operanti nei settori retail, ristorazione, immobiliare, legale, finanziario o contabile.
Per le aziende italiane, START-UP NY rappresenta un’opportunità concreta per accedere al mercato statunitense con un vantaggio competitivo significativo. Settori tipici del Made in Italy, come moda, design, food tech, automotive e ICT, possono trovare in New York un ambiente stimolante, caratterizzato da infrastrutture di ricerca avanzate e da un solido network accademico grazie alla presenza di università come la State University of New York (SUNY). In sintesi, START-UP NY offre una combinazione unica di incentivi fiscali e opportunità di crescita, che può facilitare l’espansione di imprese italiane verso il mercato americano riducendo i rischi e i costi iniziali, e favorendo al contempo l’integrazione in un ecosistema altamente innovativo.
(Contributo editoriale a cura della Italy-America Chamber of Commerce)
Ridurre sprechi e impatti ambientali: è questa la sfida che un numero crescente di progetti europei sta affrontando per rendere il settore tessile più sostenibile e circolare. Oggi ogni cittadino europeo consuma in media 26 chili di tessuti all’anno, metà dei quali finisce tra i rifiuti.
Secondo la Commissione europea, il tessile è tra i settori più impattanti per consumo di acqua, suolo e materie prime, oltre che per le emissioni di gas serra. Ogni anno, un europeo butta via in media 11 chili di tessuti, mentre nel mondo un camion di abiti viene smaltito o incenerito ogni secondo.
Con oltre 160mila imprese e 1,5 milioni di lavoratori, l’industria tessile rappresenta un pilastro economico europeo che necessita di innovazione e supporto per la transizione verde. Poiché il 73% dei tessuti consumati in Europa è importato, l’UE punta a rafforzare la collaborazione internazionale e a promuovere produzioni sostenibili e di qualità, valorizzando creatività, competenze e know-how europei.
Anche in Italia la sostenibilità tessile è ormai una priorità. Sono nati diversi consorzi dedicati all’economia circolare, come Cobat Tessile, Ecotessili, ERP Italia Tessile ed Erion Textiles, impegnati nella raccolta e nel recupero dei prodotti tessili per trasformarli in nuova materia prima. In questa stessa direzione si inserisce l’accordo tra Confindustria Moda e UniCredit, volto a supportare le imprese nella digitalizzazione e transizione verde. A Palermo, inoltre, è stato inaugurato uno sportello moda per accompagnare le aziende verso l’adozione del passaporto digitale del prodotto, che dal gennaio 2026 garantirà tracciabilità, sostenibilità e trasparenza lungo l’intera filiera.
La Spagna ha integrato la strategia per il tessile sostenibile nel piano nazionale “España Circular 2030” e nella Legge 7/2022 sui rifiuti, che introduce la responsabilità estesa del produttore (EPR) per abbigliamento e calzature. Entro il 2025, le aziende dovranno finanziare la raccolta, selezione e riciclo dei prodotti immessi sul mercato, in linea con le direttive europee. Il Paese sta costruendo una filiera tessile circolare che unisce istituzioni, imprese e associazioni. Parallelamente cresce il mercato dell’usato, spinto dai social network e da catene specializzate. Tra gli esempi più significativi c’è Humana Fundación Pueblo para Pueblo, che nel 2024 ha recuperato **19 mila tonnellate di capi.
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio Italiana - Barcellona)
Il sostegno dell'adesione della Repubblica Ceca alla zona euro rimane minoritario tra i cechi. Lo indica un'indagine dell'istituto CVVM dell'Accademia delle Scienze.
Sostiene l'adozione della moneta comune il 30% dei cechi, mentre esprime il parere contrario il 66% degli intervistati. Ben il 44% dei cechi si dice decisamente contrario all'adozione dell'euro. Un maggiore sostegno all'entrata della Repubblica Ceca nella zona eura viene rilevato tra i giovani, le persone con un titolo di studio universitario e gli uomini.
Solo il 23% dei cechi però sostiene che la Repubblica Ceca non dovrebbe essere uno stato membro dell'Unione Europea. Il 74% degli intervistati invece crede che il paese dovrebbe restare nell'UE. I cechi sono più scettici sulla maggiore integrazione comunitaria.
Fonte: https://cvvm.soc.cas.cz
L'economia ceca conferma le sue buone prestazioni anche nel terzo trimestre dell'anno. Lo indicano i dati dell'Ufficio di Statistica Ceco.
Le prime stime dell'andamento del prodotto interno lordo nel terzo trimestre dell'anno segnalano una crescita rispetto a un o fa del 2,7%. Rispetto al trimestre precedente l'aumento è stato dello 0,7%. “Hanno supportato la crescita del Pil anno su anno la spesa delle famiglie e la creazione del capitale fisso lordo” ha notato Vladimír Kermiet dell'Ufficio di Statistica.
Il ritmo di crescita dell'economia ceca è in accelerazione dall'inizio dell'anno. Nel primo trimestre dell'anno il Pil era aumentato del due percento rispetto a un anno fa e nel secondo trimestre del 2,6% con una prima stima al 2,5%.
Fonte: csu.gov.cz
Gli abitanti della Repubblica Ceca si sentono meno poveri rispetto alla media UE. Lo indica un'indagine di Eurostat.
Secondo le rilevazione dell'ufficio di statistica comunitario il 14,2% degli abitanti della Repubblica Ceca si sente in una situazione di povertà. Il dato ceco è di circa tre punti percentuale inferiore alla media UE. Nonostante la ripresa economica tuttavia il dato del 2025 è il più alto dal 2018, quando pure la congiuntura economica era favorevole.
La povertà soggettiva viene misurata dall'Eurostat con un'indagine tra le famiglie negli stati membri. La quota delle famiglie in povertà è determinata dal numero dei nuclei, che sostiene di essere in difficoltà o grandi difficoltà materiali e finanziarie. Non vengono quindi applicati parametri oggettivi come il livello del reddito. La povertà soggettiva è più bassa in paesi dell'UE considerati ricchi come il Lussemburgo, la Germania o i Paesi Bassi, mentre i dati più alti sono registrati in Grecia, Bulgaria e Slovacchia.
Fonte e fonte fotografia: ec.europa.eu
Per la maggior parte delle imprese in Repubblica Ceca la situazione economica è stabile o in miglioramento. Lo indica l'indagine semestrale della Camera di Commercio Ceca.
Solo per un quarto delle aziende la situazione nella prima metà dell'anno ha registrato un peggioramento. Il 32% delle imprese ha registrato un miglioramento e oltre il 42% un andamento stabile. Prevede un ulteriore miglioramento della condizione economica nella seconda metà del 2025 il 30,5% delle aziende, più del doppio di quelle, che pensano a un peggioramento. “L'indagine indica che la ripresa è lenta” ha commentato Lenka Janáková della Camera di Commercio Ceca.
Valutazioni migliori sono espresse dalle piccole e medie aziende. Significative sono anche le differenze settoriali. Le imprese sono più ottimiste nei settori dei servizi per le imprese e alle persone. Complessa ancora la situazione nel manifatturiero, dove le valutazioni negative superano quelle positive.
Fonte e fonte fotografia: komora.cz
La spesa per la ricerca e lo sviluppo in Repubblica Ceca è rimasta nel 2024 stabile a circa l'1,8% del Pil. Lo indica l'Ufficio di Statistica Ceco.
Le spese nel comparto sono aumentate tra il 2023 e il 2024 di circa sette miliardi di corone a 147 miliardi di corone. La voce più importante con un costo di circa 89 miliardi di corone rimane il personale, che ha in larga parte trainato l'aumento della spesa. Nel settore lavorano 123.000 persone, che rappresentano circa 87.000 posti di lavoro a tempo pieno, in leggero aumento rispetto al 2023.
La maggiore fonte di finanziamento con circa 93 miliardi di corone sono le aziende private, mentre lo stato ha speso circa 43 miliardi di corone, a cui si aggiungono altri nove miliardi di corone arrivate dall'UE. Lo stato però non è riuscito a risolvere la complicata situazione dei crediti d'imposta per questo tipo per ricerca e sviluppo, che ha visto nel 2024 un ulteriore calo d'utilizzo da parte delle aziende.
Fonte: csu.gov.cz
(Contributo editoriale a cura della Camera di Commercio e dell'Industria Italo-Ceca)
Il vino italiano continua a consolidare la sua presenza nel mercato australiano, distinguendosi per qualità, varietà dei vitigni e un’immagine legata al lifestyle mediterraneo. Tuttavia, il confronto con i vini locali evidenzia alcune sfide e peculiarità da considerare per chi vuole affermarsi in questo mercato competitivo.
I vini australiani, prodotti principalmente in regioni come Barossa Valley, Margaret River e Hunter Valley, godono di un forte radicamento locale e di un rapporto qualità-prezzo percepito come equilibrato dai consumatori. Al contrario, i vini importati dall’Italia sono generalmente percepiti come prodotti premium, caratterizzati da un forte storytelling legato alla tradizione, al territorio e all’autenticità dei vitigni. Questa percezione positiva si accompagna però a un prezzo più elevato, che può rappresentare una barriera per alcuni segmenti di consumatori, soprattutto nei canali off-trade come supermercati e e-commerce.
In termini di promozione, la strategia più efficace per il vino italiano passa attraverso la valorizzazione della storia del brand, la partecipazione a eventi enologici, degustazioni guidate e strumenti digitali che permettano di raccontare l’origine e le caratteristiche uniche dei prodotti. Gli importatori e distributori locali svolgono un ruolo cruciale nel posizionamento del vino italiano, consigliando il pricing adeguato per ciascun canale e segmento di consumatori. È inoltre crescente l’attenzione verso vini biologici, naturali e con certificazioni di origine, elementi che rafforzano la percezione di qualità e giustificano un premium price.
Dal punto di vista commerciale, le cantine italiane possono beneficiare di collaborazioni con ristoranti, wine bar e retailer di fascia alta, dove il consumatore è più sensibile alla qualità e al racconto del prodotto. Al contempo, la promozione attraverso campagne digitali mirate, storytelling sui social media e degustazioni virtuali rappresenta una leva strategica per fidelizzare un pubblico giovane e curioso, interessato a esperienze enologiche autentiche.
In sintesi, il vino italiano mantiene una posizione di prestigio sul mercato australiano, ma il successo dipende da una strategia equilibrata che sappia combinare percezione premium, pricing adeguato e promozione efficace. Investire in storytelling, certificazioni e canali mirati permette di valorizzare le peculiarità del prodotto e di competere sia con i vini locali che con altre importazioni europee.
(Contributo editoriale a cura della Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia inc.)